Attenzione perché alla Regione rischia di crearsi un’impasse. Non sarebbe la prima né l’ultima. Basta dare un’occhiata, ad esempio, alle ultime leggine approvate all’Ars, in attesa della legge grossa (la manovra finanziaria) per rendersene conto. Ma quest’ultimo blocco ha un valore politico esiziale. E riguarda l’ingresso in giunta della Lega. Stefano Candiani, commissario del Carroccio nell’Isola, ha detto a Salvo Toscano di Live Sicilia che “Musumeci deve convincere me a entrare in giunta, non il contrario”. Musumeci, dall’altra parte, recita a memoria che “il tema per ora non s’è posto”. Ma che se la Lega dovesse avanzare qualche richiesta “sarò consequenziale”. Per non scombinare i piani al governatore, che ieri su “La Sicilia” esultava per i livelli record di spesa raggiunti dalla Regione (“Il raccolto è appena cominciato”), basterebbe rigirarsi i pollici. E fare finta che nulla sia accaduto. Ma ovviamente la politica è tutta un’altra storia e di poltrone si è parlato eccome già nel corso della due giorni di Salvini a Palermo. Due settimane fa.

La macchina, però, appare grippata. E il momento buono per far salpare il nuovo esecutivo non è stato ancora individuato. Si attende l’esito della lunga stagione del Bilancio. Nei prossimi giorni la manovra approderà nelle commissioni di merito, poi verrà trasmessa all’Ars con tutta una serie di correttivi che Sala d’Ercole dovrà suggellare (occhio a non scontentare Roma). La pratica dovrà concludersi entro il 30 aprile, data di scadenza dell’esercizio provvisorio. E sarà quello, in sostanza, il momento in cui tracciare una linea e fare due conti: chi ha contribuito alla semina e chi no, chi ha agevolato il lavoro del governo e chi ha dato solo grane. Servirà una lista dei buoni e dei cattivi.

Nel frattempo Musumeci e i suoi fiancheggiatori proveranno a smussare gli angoli, anche con gli alleati: i centristi, quelli più a rischio di fronte all’ipotesi del rimpasto, hanno fatto sapere (sommessamente) al governatore che gli accordi sono accordi; mentre Forza Italia ha già detto che, poiché gli accordi sono accordi, non ha alcuna intenzione di cedere l’assessorato all’Agricoltura, che la Lega vorrebbe per sé. In tutto questo si inserisce la storia dell’assessorato ai Beni culturali, che il presidente-assessore non è ancora riuscito a sbolognare. E’ una partita complicata che rischia di lasciare qualche strascico. Per rendere il percorso meno impervio l’unica soluzione è prendere tempo.

Ma l’impasse non potrà trascinarsi a lungo sul fronte prettamente politico. Ieri si è tenuta la direzione di Diventerà Bellissima. Il coordinatore regionale Gino Ioppolo, che è anche sindaco di Caltagirone, ha tastato il polso ai suoi. Sulle Amministrative, dove il movimento di Musumeci ha già detto di voler andare col proprio simbolo; ma anche e soprattutto sul futuro di un partito che, dopo aver detto di puntare sul “regionalismo”, non ha ancora (formalmente) scelto cosa diventare da grande. Sul piatto resta una proposta forte, forse l’unica: il patto federativo con la Lega. Un’eventualità che consentirebbe a Musumeci di ottenere un paracadute in caso di elezioni Politiche anticipate (non una ricandidatura automatica nel 2022). E a Salvini – ma più che una reale convinzione è un mero calcolo algebrico – di consolidare la propria posizione in Sicilia.

Solo che all’interno di Diventerà Bellissima non tutti sono favorevoli a questa “estremizzazione del pensiero”. Tanto più i moderati, che alle parole del governatore avevano creduto: “Le praterie da conquistare sono al centro – aveva dichiarato Musumeci qualche tempo fa – perché a destra è tutto occupato da Salvini”. Ma tra il dire e il fare c’è in mezzo la due giorni palermitana, e un lungo inseguimento culminato nel vertice di palazzo d’Orleans, in cui il leader della Lega è rimasto impressionato dalla rettitudine del presidente della Regione. Per questo avrebbe strizzato l’occhio a un asse con Diventerà Bellissima. Anche se Nino Minardo, messo da parte il cioccolato delle buone occasioni, ha detto di immaginare una federazione tra la Lega e tutti i partiti del centrodestra, e non soltanto con quello del governatore. Le carte continuano a mischiarsi.

A Musumeci, in questo baillame di prospettive e scontentezza, non resta che mediare. All’interno del suo movimento – che dovrà darsi un respiro nazionale: ma a questo punto non è più scontato – coesistono tre anime: quella maggiormente orientata verso Forza Italia (ipotesi che convince poco sul medio-lungo termine); quella che guarda ancora nostalgicamente all’esperienza meloniana (le vedove di Stancanelli); e i filo-leghisti come Ruggero Razza. Mettere tutti d’accordo non sarà facile. Ed è lontana la scorsa primavera, quando dagli Stati generali di Diventerà Bellissima venne fuori un’unica, solenne indicazione: alle Europee ce ne stiamo in tribuna, con tanti saluti a Fratelli d’Italia. La mozione Stancanelli, che cercava di cucire un ponte fra le due realtà, ebbe un solo voto favorevole: quello dell’ex sindaco di Catania, all’epoca senatore di FdI in quota Diventerà Bellissima.

Oggi non è più così, e i Nello-boys hanno segnali di irrequietezza. Musumeci, però, ha anche altro a cui pensare. In primis alle dure reprimende che arrivano sul fronte della giustizia contabile: l’ultimo richiamo della Corte dei Conti, che ha bocciato pure il documento di economia e finanza approvato dalla giunta  a ottobre, lo ha fatto scattare sulla sedia. Per difendere il suo prode Armao, che non è certo inappuntabile coi compiti a casa, ha messo in dubbio la terzietà di un giudice ritenuto troppo “di sinistra”. Un passo falso per un uomo tutto d’un pezzo, che tradisce un certo nervosismo.

Difficoltosi appaiono, inoltre, i suoi rapporti con l’aula. Un paio di giorni fa il presidente della Regione è tornato a palazzo dei Normanni per un colloquio di tre quarti d’ora con Gianfranco Micciché. Ma non ha preso parte alla seduta che ha rinviato le elezioni delle ex province. Continua a osservare da spettatore interessato i lavori di Sala d’Ercole. Ma non ci ha più messo piede dal 6 novembre, da quella sfuriata contro i deputati al termine di una giornata campale in cui venne affossato l’articolo 1 della legge sui rifiuti. Il provvedimento è stato ritirato e riposto in un cassetto. Il governo, come promesso da Musumeci, non s’è più fatto vivo se non per brevi comparsate (esercizio provvisorio in primis). Non ha più proposto leggi di riforma e le poche approvate a Sala d’Ercole (comunque di secondo piano: dalle zone franche montane alle disposizioni anti-inquinamento) sono di iniziativa parlamentare.

La terza, grossa impasse è tutta lì: nel lavoro svolto. Musumeci continua a sostenere che “la spesa della Regione sta raggiungendo livelli record”, che “si vedono i risultati della semina”, che è tutto bellissimo. Ma non si capisce bene a cosa alluda. Senz’altro alla certificazione della spesa comunitaria, che per il secondo anno di fila ha fatto registrare passi avanti. Ma non alle riforme, rimaste tutte in cantiere: dalla governance dei rifiuti al “piano rifiuti” vero e proprio, passando per i consorzi di bonifica, l’urbanistica e il turismo. I deputati restano in attesa di segnali che non arrivano.

L’unico appiglio a questo immobilismo, che non può però essere dichiarato, resta la cancellazione del “voto segreto”. Invocata da Musumeci dopo l’ennesima sberla inflittagli dai franchi tiratori e dalla “politica vile”, ma rimasta anch’essa su carta. Come denunciato dai Cinque Stelle, la commissione non è mai stata convocata dal presidente dell’Ars, pertanto le proposte di modifica del regolamento rimangono aria fritta. Anche quelle. Come i tanti progetti di legge, e le numerose rivoluzioni annunciate e mai completate dal governatore. Come il rimpasto e la sostituzione di Tusa. Come gli accordi politici del suo partito. Eraclito e il “panta rei” in Sicilia farebbero fatica a dimenarsi.

LA DIREZIONE DI DIVENTERA’ BELLISSIMA NON DECIDE

Si è riunita a Catania la Direzione regionale del movimento #DiventeràBellissima, presieduta dal coordinatore Gino Ioppolo e alla presenza del presidente della Regione, Nello Musumeci, dei parlamentari e della classe dirigente: all’ordine del giorno la disamina delle elezioni amministrative 2020 in ogni provincia e comune per comune, oltre alle scelte politiche che il movimento è destinato a compiere dopo il congresso dello scorso anno. Secondo quanto appreso dall’Ansa, è stata concordata all’unanimità un’assemblea in ogni capoluogo per consentire la più ampia partecipazione della base alle scelte di strategie nazionali che saranno formalizzate nell’assemblea generale prevista dopo il voto amministrativo. Dal dibattito è emersa la preoccupazione per possibili divisioni della coalizione in alcune realtà dell’isola chiamate al voto e l’appello a neutralizzare ogni egoismo personale per ritrovare le ragioni del buon governo in sintonia con il governo Musumeci. Conferiti ai vertici del Movimento il mandato di completare le interlocuzioni già avviate con le forze politiche del centrodestra nazionale, “al fine di definire un possibile percorso comune che abbia alla base i temi politici che stanno a cuore al popolo siciliano: infrastrutture, sviluppo economico e modernizzazione dei processi produttivi”.