“Non sono io a cambiare, ma i partiti”. Così parlò Marianna Caronia, deputata dell’Assemblea regionale e consigliera comunale di Palermo, il 7 luglio scorso. In un’intervista al Corriere della Sera provò a spiegare, in realtà, di averne cambiati appena tre di partiti, e non i sei che qualcuno – maliziosamente – voleva attribuirle. Sei, in realtà, erano i cambi di gruppo parlamentare. Sette, da ieri. La Caronia, infatti, ha sposato per la seconda volta in questa legislatura le battaglie della Lega: “Il ritorno nei gruppi consiliare e parlamentare” del Carroccio, ha detto, “è un passo fondamentale per rafforzare e strutturare sempre meglio il lavoro oggi di opposizione all’amministrazione di Leoluca Orlando e domani per il nuovo governo di Palermo. Una scelta nei confronti del partito che più di ogni altro ha mostrato linearità e coerenza nel proprio ruolo alternativo all’attuale disastrosa amministrazione comunale”, ha completato.

Linearità e coerenza che aveva riconosciuto a Salvini nel febbraio dello scorso anno, quando la Caronia, assieme a Orazio Ragusa, Antonio Catalfamo e Giovanni Bulla formarono il primo contingente (di sempre) del Carroccio all’Assemblea regionale. Lo sposalizio, quella volta, durò pochissimo. Decisiva fu la scoperta del passato “nero” di Alberto Samonà, di cui invocò a gran voce le dimissioni, e la mancata sintonia col commissario dell’epoca, Stefano Candiani: “Mi sono resa conto – disse il 20 luglio, dopo cinque mesi – che questa visione e questa concezione verticistica è insanabilmente molto distante dai miei ideali politici e dalla mia storia politica e personale. Avevo scelto di aderire alla Lega perché convinta che il partito avesse scelto una linea davvero rispettosa dei territori, con una forte volontà di rappresentare le esigenze dei cittadini, delle famiglie, delle imprese, coinvolgendo e valorizzando storie e culture politiche diverse. Purtroppo ho conosciuto, da militante e parlamentare, una realtà ben diversa”.

La situazione si è evoluta: al posto di Candiani, che ne aveva messo in risalto le due ‘mutazioni’ (“Erano mesi che ogni pretesto era buono per creare tensione. Comunque se cambiare quattro gruppi in due anni e mezzo è cosa per lei normale, posso solo augurarle buona fortuna”), è arrivato Nino Minardo. Nel frattempo la Caronia aveva osservato lo spettacolo da una posizione privilegiata: da deputata regionale (e consigliera comunale) di Forza Italia. Anche in quel caso, per la seconda volta. La pasionaria palermitana, infatti, era stata eletta con gli azzurri nel 2017, prima di stufarsi e transitare al gruppo Misto. Il ritorno di fiamma con i berluscones si concretizza dopo l’addio alla Lega e qualche altro mese trascorso da ‘indipendente’, pur all’interno della maggioranza. Così il 20 ottobre Micciché l’accoglie: “Quello di Marianna è un ritorno a casa”.

Ma gli spiriti bollenti non si sono mai placati. Il malcontento emerge pian piano (sono duri e ben assestati gli affondi contro l’assessore Armao), ed esplode quando lo stesso Micciché, a nome del partito, decide di non firmare la mozione di sfiducia al sindaco di Palermo, proposta da Fratelli d’Italia. Caronia va controcorrente e attacca: “Non mi stupisce, dopo che ormai da mesi Forza Italia, anche al massimo livello regionale e all’Ars, ha palesemente voltato le spalle a Palermo. A questo punto non posso che lasciare il partito e proseguire la battaglia per contribuire senza impedimenti a liberare la nostra città”. Torna al Misto per la terza volta. Ma adesso non è più tempo di galleggiare. Per questo la Caronia è risalita sul Carroccio.