Il voto contro la mozione anti-Tav del Movimento 5 Stelle, a cui è seguita la crisi di governo innescata dal Carroccio e il beach tour di Matteo Salvini fra Taormina e il tempio di Apollo, a Siracusa, ha aperto il conflitto tra i due (ex) partiti di governo. Lo ha reso brutale, crudele. E’ come se il magma, all’improvviso, travolgesse tutto. In queste ore di frenesia politica, in Sicilia sono venute fuori la rabbia e l’insofferenza. L’incoerenza e il negazionismo. Il “ve l’avevo detto” ad ogni costo dei grillini. Ignazio Corrao, eurodeputato di Alcamo, è stato uno dei pochi a tenere la barra dritta fin dall’inizio, ma il suo commento, adesso, si mescola agli altri. A quelli di chi fino a qualche giorno fa invocava i #portichiusi e oggi plaude ai capricci di Trenta e Toninelli. In passato, per commenti poco lusinghieri, si finiva espulsi (Ugo Forello vi dice qualcosa?). Oggi, però, l’insulto va di moda.

All’indomani del voto sulla Tav, che ha innescato i bollenti spiriti della Lega, Corrao, da poco confermato a Strasburgo, ha tolto il tappo allo sfiatatoio, perché “adesso non riesco ad avere più spazio per la diplomazia o la cripticità”: “Io alla Lega Nord e ad uno come Salvini non ho mai creduto, neanche per un minuto – ha detto -. Ho avuto la fortuna, da parlamentare europeo, di non dover avere mai nulla a che fare con loro (a Bruxelles sono sempre venuti in vacanza retribuita, senza mai partecipare realmente ai lavori) e non ho mai lesinato critiche nei confronti di questo partito padano scissionista e antimeridionalista, che è quanto di più vecchio e compromesso esista nello scenario politico italiano”. Non solo dannosi e razzisti, anche fancazzisti. Ma Corrao – onore al merito – non ha mai osannato il cromatismo gialloverde come hanno fatto altri, nel suo Movimento. “Ho compreso i buoni propositi che hanno condotto i miei colleghi a Roma a sedersi al tavolo con la Lega, ponendo la possibilità di raggiungere dei risultati buoni per gli italiani davanti agli enormi svantaggi conseguenti all’essere associati a costoro”. Una dichiarazione di disgusto.

In Sicilia, per la verità, non s’è mai sfiorato l’inciucione come a Roma. Si è temuto, ogni tanto. Come al ballottaggio per le ultime Amministrative, dove sembrava che i leghisti potessero dare una mano a Roberto Gambino a diventare sindaco di Caltanissetta – cosa che poi è avvenuta – e che, viceversa, i pentastellati potessero spingere Giuseppe Spata a Gela (dove, però, si è perso). Coalizzandosi, in entrambe le occasioni, contro il vecchio agglomerato di centrodestra. Poi, mai un ammiccamento. Solo sorrisi a pacche di circostanza. Per la serie, “stiamo bene insieme, finché dura”.

Pur di difendere l’operato di Palazzo Chigi, anche i Cinque Stelle siciliani si sono piegati al mantra che Giancarlo Cancelleri, un paio di giorni fa, ribadiva con un video su Facebook: “Salvini è un “traditore del popolo”. Solo un pazzo manderebbe a casa un esecutivo che sta facendo grandi cose e amato da tutti”. Oddio, i governi si fanno in due. E a sentire questa dichiarazione, e associandola a una frase ferragostana di Di Maio (“Questo è il governo che ha ridotto il numero di sbarchi in Italia, grazie al lavoro di tutti”), si capisce come i grillini, nel bene e nel male, fossero complici. Nessuno scandalo, c’è un contratto. Ma il rischio, adesso, è di passare per verginelle isteriche. E in politica nessuno è vergine. Oltre a definire Salvini “traditore del popolo”, che è già un’accusa di per sé bella pesante, e a chiederne le dimissioni, come per tutti i ministri della Lega, Cancelleri si è spinto oltre: “Salvini non è più utilizzabile da un punto di vista umano”. Parafrasando: uno scarto della società. E ancora: “Il Paese non ha bisogno di cazzari e di giullari”.

L’isterismo subentra nel dibattito tanto quanto il calcolo politico, e il perché è presto detto: alle ultime Europee la Lega in Sicilia ha preso il 20%, erodendo buona parte dei consensi del Movimento 5 Stelle, rimasto il partito più forte ma in netto calo rispetto alle Politiche di un anno prima. E’ come se i grillini homemade sentissero il fiato sul collo, e provassero a respingere l’attacco. Sanno bene che in caso di ritorno al voto, pagherebbero dazio nei confronti di un centrodestra unito e per questo utilizzano ogni arma per screditare il loro (attuale) Ministro dell’Interno, ed ex alleato del “cambiamento”. Da cui hanno appreso l’arte. Qualche giorno fa il M5S di Palermo ha messo in giro una foto di Igor Gelarda, ex consigliere pentastellato, diventato da oltre un anno il responsabile Enti locali del Carroccio per la Sicilia Occidentale. Con una frasetta in allegato: “L’amore per le poltrone, altro che patrioti”. Immaginate i commenti: una gogna. In guerra è legittimo tutto.

E’ saltato il tappo del compromesso e nessuno si risparmia. Anche i deputati regionali dei Cinque Stelle, con toni meno sprezzanti di Corrao e Cancelleri, sono schierati a difesa del feudo. A difesa di un territorio cui hanno regalato il reddito di cittadinanza e poche opere (al bar dello stadio si direbbe che Toninelli è bresciano, ecco perché). E persino all’interno del governo, che ha ridotto in frantumi l’equilibrio risibile fra Mezzogiorno e il resto del Paese, c’è un ministro che – a cose fatte – decide di fare la voce grossa. E’ Barbara Lezzi, con delega al Sud.

Dopo averle fatto notare a lungo che da un’intesa con la Lega il Meridione non avrebbe ottenuto un fico secco, la ministra è esplosa contro Salvini: “Fa quasi pena sentirlo piagnucolare ovunque per le offese e gli insulti che riceve. Si rischia di credergli ma poi ascolti la sua conferenza stampa in Campania e viene fuori il Salvini solito. ‘Penso a un ministro per il Sud vero’. Questo ha detto”. E a lei, il Ministro per il Sud finto, non è piaciuto: “Il ministro per il Sud vero leghista – attacca la Lezzi – è quello che dice sì all’autonomia di Zaia che cristallizza squilibri e iniquità. Il ministro per il Sud vero leghista è quello che accetta di buon grado le gabbie salariali. Il ministro per il Sud vero leghista è quello che si fa scippare i fondi per gli investimenti nelle zone del Mezzogiorno. Il ministro per il Sud vero leghista è quello che rifiuta gli incentivi per le nuove assunzioni nel meridione. Il ministro per il Sud vero leghista è quello che i tagli al sud se li meritano perché sono spreconi e vivono di assistenza”. E tanto altro. Ma perché, Ministro, perché solo ora?

E’ uno sfogo post-litteram (adesso) o una censura auto imposta (prima)? E’ una richiesta d’aiuto o di visibilità? E’ storia o revisionismo storico? Chissà. Finché Di Maio terrà aperta quella porticina – cosa non si farebbe per tagliare 345 poltrone – e Salvini il telefono acceso, anche i compagni grillini farebbero meglio a tacere, a smussare odio e rancori. Sia mai che torni il “traditore”. E poi che figura ci facciamo?