In questa caccia grossa al reddito di cittadinanza – che comunque non ho intenzione di prendere – la cosa che non avrei mai pensato di dover “subire” è una lunga, eterna attesa di sette ore di fronte al computer e a un sito online. Non il classico –www.redditodicittadinanza.gov.it – da cui è possibile scaricare il modulo cartaceo per chiedere reddito e pensione di cittadinanza, bensì un altro, che avrei potuto consultare qualche giorno prima, decisamente sì: www.spid.gov.it. E’ quello che mi consente di ottenere lo Spid, meglio noto come il sistema pubblico di identità digitale che permette di accedere a tutti i servizi online della pubblica amministrazione. Esiste da tempo, ma non mi è mai servita. Così mi butto a capofitto nell’etere per ottenerla.

Dopo una capatina al Caf e all’Ufficio Postale, i due luoghi “fisici” idonei ove è possibile far richiesta per il reddito minimo – per le procedure vi indirizzo alle puntate precedenti (12) – la terza opzione, maggiormente alla portata dei “nativi digitali”, è quella del sito internet. Accedere al sito del reddito di cittadinanza non basta. La richiesta, infatti, può essere inoltrata solo se in possesso dello Spid. Alle 9.38 di mercoledì mattina inizia il valzer. Intanto devo essere maggiorenne (e lo sono). Poi devo fornire i miei dati personali, assieme agli estremi e alle foto di Carta d’identità e Tessera sanitaria. Mi metto di fronte al pc credendo sia un gioco da ragazzi e inizio a smanettare. Il primo elemento sospetto che mi appare di fronte ha un nome strano: “identity provider”. Devo accedere a una delle piattaforme che mi propone il sistema, dalle quali sarà possibile inoltrare la richiesta. E, attraverso le quali, bisognerà passare al “riconoscimento”. Fisico, reale, facciale: chiamatelo come volete. C’è un operatore che deve guardarvi in faccia e dichiarare che sì, quello che ha caricato i documenti appena fotografati con lo smartphone, sei proprio tu.

La mappa degli identity provider

Ecco, il riconoscimento. Può avvenire in tre modi: presentandomi di persona a uno sportello accreditato (ma non è così facile come sembra), facendomi riprendere via webcam (e pagando) o tramite un sistema che non esploro nemmeno (quella della firma digitale). I sistemi di riconoscimento via telematica sono tutti a pagamento: dai 14 euro di Aruba ai 15 di Tim. Le Poste offrono addirittura un servizio a domicilio. Arriva il portalettere, appura che sei tu (non stiamo scherzando) e alla modica cifra di 14,50 euro ti rilascia la chiave digitale. Se ti rechi agli sportelli è gratis: ma un viaggio alle Poste l’ho già fatto e non ho voglia di altre file. Vado alla ricerca di tutte le soluzioni possibili: una di queste identity provider – si chiama Info Cert – ha 4mila punti accreditati in tutta Italia. Alcuni sono gratuiti: ad esempio, le cinque sedi siciliane di Cna (la confederazione nazionale artigiani). Ci sarebbero anche alcune tabaccherie o rivendite: una a pochi passi dal mio ufficio, ma farlo lì costa 3,50 euro. Sarebbe senz’altro la soluzione più rapida.

Ma non desisto. Voglio una soluzione che mi faccia risparmiare anche denaro. Raggiungere la sede di Namirial ad Ancona è un tantino problematico. Così, fra le opzioni che mi offre il sito governativo dello Spid, mi cade l’occhio su “Sielte”. Il riconoscimento avviene attraverso la webcam e non costa nulla. Che fortuna. Accedo col numero del mio codice fiscale, ottengo una password provvisoria e comincio a inserire tutti i dati. All’inizio il sistema mi prospetta una soluzione fantastica: ottenere un colloquio telematico per il riconoscimento alle 10.40, quaranta minuti dopo l’inizio delle operazioni. Ma vado moderatamente piano per non perdermi i passaggi. Fotografo i miei documenti (bene, secondo me), li carico, verifico tutti gli indirizzi e i numeri di questo mondo, seleziono Skype per l’intervista e alle 10.15 sarei pronto. L’appuntamento, intanto, slitta di un’ora: 11.40.

Accesso alla Spid

Aspetto con tenacia, sbrigo altri lavoretti, quando un paio di minuti prima della chiamata dell’operatore – che vuole soltanto rivedermi coi documenti in mano – ecco il messaggio che mi gela: “La verifica dei documenti che hai caricato ha avuto esito negativo”. Le mie foto non sono piaciute. Devo ricaricarle e intanto l’orario del mio colloquio slitta alle 15.20.

Ma questa è la volta buona. L’operatore, Laura, mi contatta via Skype. Registra la conversazione e verifica dati e foto dei documenti. Cinque minuti, non di più, e riattacchiamo.  E’ pronta una nuova mail, stavolta per attivare lo Spid e mettere la parola fine a questa impresa. Ci siamo. O quasi. Perché dopo aver impostato la nuova password, torno sul sito del reddito di cittadinanza e c’è un nuovo step da compiere: l’upgrade delle credenziali (da livello 1 a livello 2). E’ semplice: basta scaricare l’app di Sieltel (l’identity provider) su un tablet o sullo smartphone, associarlo al pc tramite un QR code e l’operazione è completa. Tanti passaggi, ma tecnologia guidata e per questo, oserei dire, elementare.

La pagina del reddito

All’ennesima conferma sul telefono, mi rimetto in marcia sul sito del reddito. Entro e accedo alla pagina delle mie pratiche: ci sono quelle aperte, quelle rigettate, e via discorrendo. Tutti i campi sono vuoti, giacché non ho mai provato. Lo faccio, ci provo. Clicco su “crea una nuova pratica”, e appare magicamente un paginone bianco, con le intestazioni blu in evidenza. Dai che riprovo, sarà un problemino temporaneo: niente. E’ come se il sito sapesse già chi sono e fa di tutto per tenermi fuori dalla ressa. Sono le 16.07. Tento dal secondo browser: niente. Ma la via è segnata: occorre solo refreshare, mi dico, magari all’infinito. Però ci siamo.

E se non fossi in possesso di alcuni dati, come richiesto dalla pagina iniziale (che però io non vedo)? Nessun problema: si proceda pure alla compilazione del modulo. Si potrà salvare e, una volta ottenuti i dati mancanti (ricordate il famoso Isee, che io non ho ancora provveduto a richiedere?), ultimarla. Alla fine del giochino – non è che detto che basti un solo accesso, dipende da quanto arriviate “documentati” e da quanto il sistema, nel frattempo, diventi scorrevole – un bell’invio e passano i dolori. Comincia, poi, l’altra trafila: quella dell’Inps. Ma stavolta il responso dovrete attenderlo da casa, per una decina di giorni almeno. I soldi, se tutto va bene, li vedrete a inizio maggio sulla vostra Postepay, che dal 19 aprile potrete ritirare (su chiamata) alle Poste. Un po’ di lavoro l’abbiamo fatto noi per voi. Non ci resta che farvi un grosso in bocca al lupo.