Lo scandalo c’è. Anzi, ce ne sono due (giacché sui “mandanti” di Cannes è calato il sipario con troppa nonchalance). Il presidente Schifani si trova di fronte all’ennesimo bivio di questi primi otto mesi di legislatura: avallare una serie di comportamenti che lui stesso ha contestato pubblicamente – ricordate le dichiarazioni sul danno d’immagine alla Sicilia e il ritiro in autotutela dell’affidamento diretto ad Absolute Blue? – o dare un taglio all’arroganza e ai modi di Fratelli d’Italia, che in molte regioni italiane, Sicilia compresa, continua a utilizzare il Turismo come bancomat. Ancor prima che la Commissione europea puntasse i riflettori sulle “gravi irregolarità” di SeeSicily minacciando il blocco dei pagamenti, il neo assessore al ramo, Elvira Amata, aveva prospettato una proroga del programma avviato dal suo compagno di partito, Manlio Messina, e poi proseguito durante l’interregno di Francesco Scarpinato.

L’accertamento delle responsabilità spetta alle istituzioni competenti: giova ricordare, a proposito, che sulla mostra ‘Sicily, Woman and Cinema’, e più in generale sulle spese pazze dell’assessorato di via Notarbartolo, indagano la Procura di Palermo e quella della Corte dei Conti. Ma sull’opportunità politica, ed etica, di certi comportamenti a Schifani converrebbe assumere una posizione. Senza fare sconti. Dando prova di una discontinuità amministrativa rispetto all’attività dei suoi predecessori. Gli costerebbe parecchia fatica – è nota a tutti l’indole dell’ex assessore Messina, che non ha dubitato quando c’era da dargli contro – ma il presidente della Regione, prima o poi, dovrà trovare un momento per la sintesi, mettendo sulla bilancia pro e contro di questa “persecuzione”.

Partiamo dalla fine, da SeeSicily. Cioè il programma che avrebbe dovuto garantire una ripresa dei flussi turistici, mediante l’omaggio ai turisti di una notte ogni tre trascorse sull’Isola. La Commissione europea ha aperto una procedura d’infrazione nei confronti della Sicilia, chiedendo una serie di verifiche supplementari sull’utilizzo della dotazione economica messa a disposizione da Bruxelles (a valere sul Fondo europeo per lo Sviluppo regionale – Fesr). Perché, qualcosa, evidentemente non torna. Il riassunto delle puntate precedenti è contenuto in una segnalazione dei Cinque Stelle, i quali avevano appurato che rispetto ai 37 milioni previsti (su un tesoretto da 70 milioni complessivi) soltanto l’1,16% aveva finanziato la voce ‘soggiorni’. E che, in maniera inversamente proporzionale, il plafond legato alla Comunicazione aveva registrato un aumento inspiegabile e per certi versi immotivato, passando da 4,8 a 23,8 milioni. Al di là dei numeri c’è una verità intangibile che il deputato grillino Luigi Sunseri, ha ribadito a ‘La Sicilia’: “Non è più un attacco politico, né un’ossessione del M5S. A questo punto c’è la certificazione della Commissione sulle tante ombre e soprattutto sul disastro del sistema Musumeci-Messina nel settore turistico”.

Un disastro spiegato con dovizia di particolari alcuni mesi prima, nei giorni dello scandalo: “Il governo ha piegato la misura alle sue esigenze politiche, attuando una rimodulazione sproporzionata a vantaggio della comunicazione che non ha prodotto l’aumento né di turisti né di utilizzo di voucher per i soggiorni – aveva detto Sunseri -. La comunicazione è solo servita ad accreditare Musumeci e Messina presso i big player della comunicazione, ad affidare finanziamenti con procedure spesso ingiustificate e a finanziare eventi dalla dubbia capacità di potenziamento dei flussi turistici”. Dove sono finiti i soldi? A supporto delle grandi realtà editoriali del Nord Italia, da Publitalia ’80 (concessionaria Mediaset) al Gruppo Cairo. Passando per Raicom, che ha trasmesso gli spot della Regione durante la messa in onda di ‘Ballando con le Stelle’, nel prime time del sabato. Ma quanto sono stati utili? E, soprattutto, a chi? Una domanda cui nessuno si è premurato di rispondere. L’assessorato al Turismo è stato bacchettato dall’autorità di Audit della presidenza della Regione per le procedure di affidamento diretto, scaturite da richieste di pianificazione pubblicitaria inviate ai grossi gruppi editoriali, «senza l’indicazione del budget previsionale/importo a base di gara e senza la definizione del contenuto della richiesta».

L’unica iniziativa assunta da Schifani per smorzare il flusso della polemica, ed evitare di cadere dal pero (ancora), è stato un atto di indirizzo che obbliga i vari assessorati “di investire preventivamente la Giunta regionale per le azioni relative ai programmi di comunicazione dell’Amministrazione, a valere su qualunque fonte finanziaria sia regionale che extraregionale, al fine di uniformare le strategie di comunicazione sulle tematiche di riferimento”. Il controllo delle uscite, pertanto, è delegato a una struttura collegiale qual è la giunta. E non ai singoli dipartimenti degli assessorati, che fin qui hanno imbastito – autonomamente – i finanziamenti.

Era accaduto anche con Cannes e con la mostra che Absolute Blue, per il secondo anno consecutivo, avrebbe dovuto organizzare all’hotel Majestic. In forza di un affidamento diretto che a dicembre dell’anno scorso, tramite un decreto dirigenziale, era stato concesso alla società di Patrick Nassogne. Senza un bando di gara. Il valore dell’importo (3,7 milioni di euro) ha scosso a tal punto Schifani da richiedere un ritiro in autotutela del provvedimento, dopo un fastidioso ping pong con l’assessore dell’epoca, Francesco Scarpinato. Il quale non ha mai voluto ammettere le proprie responsabilità: “Non ho mai firmato alcuna autorizzazione né tanto meno un aumento del budget per il finanziamento dell’evento a Cannes. Ho solo preso visione di un progetto che era ancora in fase di aggiudicazione che mi fu sottoposto dal dirigente della Film commission per quella iniziativa programmata ben prima che io diventassi assessore e raccomandando agli uffici di darmi notizie del seguito”, disse all’epoca l’esponente di FdI per discolparsi. Trovando un complice in Manlio Messina, che in tv decise di scagliarsi pubblicamente contro Schifani: “In merito all’edizione del 2023, tutto viene fatto in un arco temporale che va dal 20 ottobre all’11 novembre, ovvero quando io non sono più assessore al Turismo e non lo è ancora Scarpinato. L’assessore al Turismo ad interim, in attesa delle nuove nomine, era proprio il governatore Schifani (…) A questo punto, o Schifani non ha guardato le carte, e questo sarebbe gravissimo, oppure non le ha sapute leggere”.

Da quella dichiarazione di guerra, Schifani non è più intervenuto sull’argomento. Limitandosi a un provvedimento amministrativo che cancellasse la gentile concessione da 3,7 milioni ai lussemburghesi. E ottenendo, da La Russa, la possibilità di scambiare le deleghe a Scarpinato e Amata, per archiviare il tutto. Il lavoro della magistratura e le continue interferenze – adesso anche dall’Europa – sulle vicende del turismo siciliano, indicano però che c’è ancora un percorso da compiere. Che ci sono delle decisioni da prendere. Che serve coraggio.

Schifani, nelle prossime settimane, dovrà affrontare un tema che ha già provocato forti tensioni fra alleati: la rimozione dell’assessore leghista Turano, richiesta a gran voce di Fratelli d’Italia. Detto che non sarà possibile scombinare gli equilibri in giunta senza provocare una rivolta, e considerato il linciaggio dell’Europa sul tema SeeSicily, non è escluso che si provveda a lavorare di cesello per dare una raddrizzata alla giunta. La Lega, ad esempio, potrebbe chiedere la sostituzione di Scarpinato, se non addirittura la delega al Turismo, in cambio della rinuncia a Turano. E Schifani, ad esempio, potrebbe valutare la proposta come l’unico compromesso possibile per non sfasciare tutto e dare una spolveratina all’immagine del suo governo. I grillini sono ancora più espliciti: “Schifani liberi l’assessorato al Turismo dall’ ingombrante e dannosa presenza di Fratelli d’Italia che, con Cannes prima e con See Sicily dopo, ha dimostrato solo di saper fare danni”. Fantapolitica?