“E’ un omicidio”. Lo ripete più volte Gianfranco Micciché. Il concetto è chiaro e, a tratti, lancinante: “Stanno ammazzando la Sicilia. Da questa cosa non ci riprendiamo più, mi creda”. Il presidente dell’Ars, già molto critico sulla “zona rossa” decretata a marzo, non ha affatto digerito la decisione del governo Conte di chiudere bar e ristoranti alle 18. Oltre che – fino al 24 novembre – palestre, piscine e luoghi di cultura. Un lockdown camuffato, secondo Micciché: “Sa perché l’hanno fatto? Perché Conte in Sicilia non c’è mai venuto”. Anche nell’Isola la curva epidemiologica fa registrare una ripida impennata, ma il massimo inquilino di Sala d’Ercole ha una visione meno catastrofica: “Ci troviamo di fronte a una situazione di follia pura, di psicopatia. Sapete che la penso diversamente da tanti altri. Nessuno nega che ci sia il Covid. Ma ho la forte sensazione le 439 persone decedute non siano morte di solo Covid”.

Come fa a dirlo? Non c’è evidenza scientifica. È un buco nero che difficilmente verrà colmato.

“Faccio politica e conosco almeno una persona in ogni comune della Sicilia. Non ce n’è una che abbia avuto un parente morto di Covid. Attenzione, lo ripeto: non dico che non esista il virus, perché c’è e non si può negare. Ma vorrei capire se il numero dei decessi è tale da giustificare l’omicidio economico di questa terra”.

Quale sarà l’impatto delle nuove restrizioni sul nostro tessuto economico?

“Ieri ho parlato con la presidente di Confcommercio, Patrizia Di Dio. Secondo i suoi dati, si sono già persi 5-6 miliardi dall’inizio dell’epidemia. Secondo i miei calcoli, invece, saranno 9 alla fine di quest’anno. Alla fine i dati si avvicineranno molto”.

Chi dovrebbe intervenire?

“L’Europa aveva promesso di intervenire in maniera cospicua. Bene: che fine hanno fatto questi soldi? Inoltre, quando sento un viceministro (Laura Castelli, n.d.r.) dire che sarà dato un ristoro pari al 200% dei mancati incassi, penso che dovrebbero smetterla con queste prese per il culo. Veramente, basta. Un amico mi ha detto di aver cancellato 30 mila euro di prenotazioni per il prossimo mese, fra lauree, battesimi e ricevimenti vari. Come faranno a fargli arrivare un ristoro pari al 200%?”

È più pessimista che critico.

“Ci hanno già distrutto facendoci “zona rossa” quando, obiettivamente, non dovevamo esserlo. Ora che ci stavamo riprendendo, ecco un’altra batosta colossale. Sa a cosa è dovuta?”.

No, a cosa?

“Al fatto che Conte in Sicilia non c’è mai stato. Se a Milano decidi di chiudere alle 18, crei certamente qualche disagio. Se lo fai a Palermo, dove alle 16 i negozi non hanno ancora riaperto, è la fine. Abbiamo usanze diverse rispetto alle regioni del Nord. Per molti mesi dell’anno, a causa delle temperature più alte, non trovi nessuno che va a fare compere alle 2 o alle 3 del pomeriggio. Questo vale a Gela come a Catania. Non a Milano, dove lavorano ininterrottamente e alle 7 abbassano le saracinesche”.

Questo cosa determina?

“Che chiudendo alle 18 distruggi l’economia siciliana. Il problema non è la fila nei negozi, dove si entra uno per volta, o nei ristoranti. E nemmeno nelle strade, dove si indossano le mascherine”.

E qual è?

“Gli assembramenti. Un governo serio avrebbe coinvolto sindaci e prefetti, e messo in campo anche l’esercito. Bisognava controllare il territorio, se necessario con la forza. Non fare morire tutti”.

Meglio chiudere alle 18 che ripiombare nel lockdown.

“Queste restrizioni sono il frutto di approssimazione e incompetenza. Non siamo qui per stabilire chi vince lo scudetto o chi scende in Serie B. Non si può giocare con la vita delle persone. Soltanto una bestia, o un ignorante, può pensare di chiudere bar e ristoranti alle 18. Uno che non conosce l’Italia. Nord e Sud hanno due modi diversi di concepire la vita. Se proprio vuoi fare la follia di chiudere, al Sud devi concedere almeno due ore in più”.

Basterebbe questo, quindi?

“Un governo serio risolve il problema, non lo evita. Se non riesco a trovare il colpevole di un omicidio, non rinchiudo tutti in casa con la speranza che nessuno spari”.

È chiaro. Ma come può incidere la Regione? Ha un margine per farsi sentire?

“Ha pochissimo margine. Il Dpcm, fra l’altro, è una bastardata che consente di fare le leggi senza parlarne con il parlamento. La trovo una cosa insopportabile. Qualche deputato siciliano, magari della stessa coalizione del presidente del Consiglio, avrebbe potuto dirgli che si trattava di un errore colossale. Senza aspettare la fine dei 60 giorni, quando il decreto verrà convertito in legge ma avrà già avuto delle ricadute sulla vita delle persone. Non se ne può più di questi Dpcm, stanno governando l’Italia in maniera dittatoriale”.

La Costituzione lo consente.

“Io invece chiedo un intervento del presidente della Repubblica. Il Dpcm deve essere approvato anche da lui. Mi rendo conto che nessuno si è mai opposto a un provvedimento del governo, ma Mattarella dovrebbe fare un lavoro di moral suasion e dirgli di smetterla. Il Capo dello Stato deve garantire la Costituzione. E questo, fra l’altro, non è neanche un governo eletto dal popolo. Io glielo farei pesare”.

Torniamo alla Regione. Non le pare che Musumeci e gli altri governatori avrebbero potuto influire un po’ di più in conferenza Stato-Regioni?

“Musumeci e gli altri presidenti hanno fatto presente in maniera vigorosa che questa decisione era sbagliata. Avevano presentato le proprie proposte, che però non sono state tenute in considerazione. Per questo rischiamo di arrivare allo scontro istituzionale”.

In che modo?

“L’Alto Adige ha approvato una legge che stabilisce nuovi criteri, meno stringenti, per la chiusura delle attività. E l’esecutivo è talmente scarso che non ha fatto in tempo ad impugnarla. Noi all’Ars potremmo fare lo stesso”.

A voi il Consiglio dei Ministri ha già impugnato parecchie cose.

“Se si riferisce all’ordinanza sullo sgombero dei centri d’accoglienza, quella era un provvedimento firmato da Musumeci e da nessun altro. Qui saremmo di fronte a una legge approvata dal parlamento regionale… Quando la Regione fa delle leggi, e una parte di quella legge viene impugnata dal governo nazionale, esistono due strade: il parlamento recepisce la volontà dell’esecutivo ed elimina la parte “incriminata”, consentendo alla legge di andare avanti; oppure resiste all’impugnativa di fronte alla Corte Costituzionale. Normalmente passano tre o quattro mesi. Tempo che in questo caso ci tornerebbe utile per salvare le nostre imprese”.

Ma il governo potrebbe appellarsi a un organo di giustizia amministrativa, come ha fatto per l’ordinanza sui migranti, e ottenere la sospensiva del procedimento.

“In quel caso è una dichiarazione di guerra che credo non convenga a nessuno. Rispetto all’ordinanza sui migranti, questa è una cosa molto più grave, da cui dipende la vita dei siciliani. Ci vuole fegato per impugnarla, e non so se per lo Stato sarà così facile”.

State pensando di percorrere sul serio questa strada?

“E’ un’idea che oggi esporrò all’Ars. Ne ho già parlato anche al presidente della Regione, che è infuriato tanto quanto me. Poi è ovvio che lui ragiona con la sua testa. Ma una cosa è chiara: quando la gente non ce la farà più ad andare avanti, se la prenderà con la politica. E per me e per Musumeci, che siamo i primi rappresentanti istituzionali di questa terra, non ci sarà da stare allegri”.

Quindi, mi corregga se non ho capito, potreste chiedere maggiore “autonomia” rispetto ai provvedimenti adottati a livello nazionale…

“Forse non ci siamo capiti: è un problema di sopravvivenza. La situazione è più grave di quanto possa sembrare. Questi ci faranno morire, ma ancora non se ne rendono conto. Qualcuno deve risolvere la questione, e chi governa a Roma non è in grado di farlo. Temo che ci saranno problemi di ordine sociale, di sicurezza. Non sarei mai arrivato a pensare che qualcuno potesse esasperare gli animi fino a questo punto. Il Dpcm di domenica è stata una cosa terrificante”.