Giuseppe Maria Del Basto

I siciliani ora sanno chi è il patriota e chi sono i barbari

Doveva essere la “gens nova”, dovevano essere gli uomini del nuovo mondo della politica. Invece si sono insediati nei palazzi del potere con arroganza e spregiudicatezza. E non sembrano avere altra missione se non quella di proteggere le loro clientele, le loro confraternite, le loro lobby. Altro che patrioti. Se ne fregano della patria e anche della Sicilia, che è un pezzo di patria flagellata dalla crisi, martoriata dal malgoverno e abbandonata al suo destino. Altro che Fratelli d’Italia. Alla resa dei conti si sono rivelati i coltelli d’Italia: il presidente Schifani componeva il mosaico della nuova giunta e loro lo scomponevano; il presidente ricuciva e loro tagliuzzavano ogni filo, ogni equilibrio, ogni intesa. Si sono mostrati insopportabili, ingestibili, inaffidabili. A cinquanta giorni dal voto c’era il rischio che tutto..

Antimafia vs antimafia nel giorno di Falcone e Borsellino

Alfredo Morvillo, fratello di Francesca, moglie di Giovanni Falcone, sabato non è andato all’aula bunker dell’Ucciardone per commemorare i due magistrati simbolo della lotta alla mafia e intitolare ai loro nomi quel luogo di giustizia. Ha motivato la sua assenza con queste parole: “Non partecipo a manifestazioni in cui ci sono personaggi che non hanno nulla a che fare con i nostri amatissimi giudici”. Il riferimento pesantissimo e brumoso era al sindaco Roberto Lagalla, la cui elezione – secondo Morvillo – si deve al sostegno politico di due condannati per mafia: Marcello Dell’Utri e Totò Cuffaro. Ma dove non c’era Morvillo, con la sua antimafia del risentimento, c’era Maria Falcone, sorella del giudice ucciso trent’anni fa nell’attentato di Capaci. Era, come sempre, in grande spolvero: baci e abbracci con il..

Boia chi molla. L’ex cerchio magico all’assalto di Schifani

Boia chi molla. I patrioti che per cinque anni hanno spadroneggiato tra i corridoi di Palazzo d’Orleans non mollano la presa. Con Nello Musumeci erano le stelle del cerchio magico, quelle che stringevano tra le mani i conti pubblici, la sanità, i milioni del Turismo. I tre sembravano dispersi: Gaetano Armao, dopo l’ennesimo cambio di casacca, è naufragato nello zero virgola di una campagna elettorale tanto azzardata quanto sfrontata; Manlio Messina, meglio noto come il Balilla o il Cavaliere del Suca – scegliete comodamente voi – ha trovato rifugio a Montecitorio e non piritolleggia più per teatri, giri d’Italia e orchestre allo sfascio; Ruggero Razza ha alluvionato di tac e ogni altra attrezzatura sanitaria la provincia di Enna nella speranza di regalare un seggio alla moglie Elena Pagana ed è..

E la Volo bruciò la Palma

Non c'è pace sulla sanità. E neanche tra i giornali che se ne occupano. L'assessorato conteso

I conti, questi sconosciuti

Regione. Sul bilancio brutti segnali dai magistrati contabili. Ma Armao spera di rimanere nel giro

Un tweet della Meloni su Buttanissima. Dedicato al Balilla

Chapeau. Giorgia Meloni ha ripreso in un twitter il “canto in memoria di chi non c’è più” scritto da Pietrangelo Buttafuoco e pubblicato da questo giornaluzzo con un titolo marcatamente romantico e all’un tempo politico: “Una storia di famiglia, la destra”. Inutile negarlo: la sensibilità della leader di Fratelli d’Italia e, soprattutto, la sua gentilezza nei confronti di una testata che di certo non le è stata vicina in questa campagna elettorale, offrono un’immagine opposta alla volgarità di certe faccette nere siciliane, sguaiate e impresentabili. Ricordate il Balilla, quel ridicolo padroncino dell’assessorato al Turismo che insultava a colpi di “suca” chiunque si azzardasse a criticare le sue spese pazze, le sue sbracature da parvenu al festival di Cannes, le sue fittissime relazioni con l’editore della Gazzetta dello Sport, le sue..

Le profezie nefaste di Musumeci, la rivincita di Miccichè

Lo diceva col tono di chi era appena sceso dal Monte Sinai: “Non avrai altro presidente al di fuori di me”. E aggiungeva che almeno quattro sondaggi dicevano che solo lui, Nello Musumeci, governatore uscente, sarebbe stato in grado di sbaragliare il 25 settembre qualunque concorrente. Profezie vacue, vuote, quasi farlocche. Perché, dopo una campagna elettorale affrettata e ansimante, la realtà ha dimostrato che un altro candidato c’era e che quel candidato, con il suo equilibrio e la sua moderazione, ha superato il quaranta per cento dei voti. Era Renato Schifani: ex presidente del Senato, un uomo delle istituzioni, un forzista della prima ora. Alle geremiadi del Re Sole catanese – après moi le déluge, dopo di me il diluvio – si era unito il coro dei fedelissimi: da Ruggero..

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