Maria Pia Farinella

Gioacchino, che diede nobiltà all’aristocrazia siciliana

Era un fuoriclasse, Gioacchino Lanza Tomasi. Qualsiasi cosa facesse. Era un piacere la conversazione con lui. Qualunque cosa raccontasse. Non solo per l’incanto di un uomo colto come pochi, capace di spaziare per il vasto mondo. Non solo per il patrimonio di esperienze, conoscenze e competenze testimoniato da un curriculum di prim’ordine. Di Gioacchino colpiva l’ironia, il guizzo che illuminava gli occhi azzurri, il gusto per la battuta fulminante. Aveva sempre un punto di vista non convenzionale che centrava l’obiettivo e induceva a riflettere. Quando scrive del padre adottivo Giuseppe Tomasi di Lampedusa, l’autore di quel capolavoro assoluto che è “Il Gattopardo”, Gioacchino Lanza Tomasi sembra che parli di se stesso: “Quella consapevolezza della provincia che deriva da un’istruzione aperta ad influssi esterni, avida di letture, che finisce col rendere..

Pasolini, il professore e il fascismo che cresce tra noi

Il fascismo tra noi lo cogli pure di mattina al bar. Sorseggi il caffè e se sei vintage sfogli perfino un quotidiano di carta. Nel frattempo il vicino di tavolo e di quartiere, lo conosci di vista e sai che è professore in pensione, conciona a voce alta per far lezione. “Il caffè al bar si paga col pos”, scandisce. “Altrimenti sei fascista. O leghista”.  Abbassa la voce ma non troppo, si guarda attorno con circospezione e sibila: “Oppure sei mafioso”. Addirittura. E già non sai se è maggiore l’esibizione di pubblico sprezzo del pericolo mafioso oppure del ridicolo tout court. Povero professore. Anche lui vittima del conformismo, di quella omologazione che oggi, a partire dai media e dai social, pervade tutto. Pervade qualsiasi percezione di ciò che ci circonda...

Cent’anni di solitudine. Perché ci mancano Sciascia e Pasolini

E’ l’anno dei centenari. La Marcia su Roma, l’ascesa al potere di Benito Mussolini, presidente del Consiglio del Regno d’Italia dal 31 ottobre 1922, l’inizio del Ventennio che tanto danno procurò all’Italia. Coincidenze, certo. Ma anche generi di conforto per la sinistra in campo. Tanto autoreferenziale da dare e darsi la patente di “migliore”, mentre guarda il dito puntato sui fantasmi del passato secondo l’assioma dell’eterno ritorno del fascismo d’assalto in Italia. Possibile, certo. Ma tanto dibattuto ora da renderlo luogo comune, stereotipo. E’ l’anno del centenario della nascita di Pier Paolo Pasolini, mentre non si è ancora spenta l’eco delle celebrazioni per Leonardo Sciascia, nato un anno prima di Pasolini. Coincidenza anche questa. Ma pure occasione per riappropriarsi degli autori della “migliore” stagione della letteratura civile italiana, quella sbocciata..

La lezione di Sciascia ai professionisti dell’antifascismo

“All’armi, son fascisti”. Giorgia Meloni batte tutti per destrezza. E da Capalbio a Marzamemi, passando per le masserie del Salento, s’alza un grido: “All’armi, son fascisti”. Né accenna ad acquetarsi. Anzi, trova sponde pure all’estero. Oltralpe. Non solo intellò. Pure la ministra degli Affari europei nel governo di Francia si angustia per il futuro dell’Italia meloniana. Annuncia di voler vigilare sul “rispetto dei valori e delle regole dello Stato di diritto”. Nientemeno. Il tema è quello: il presunto mussolinismo di Meloni. Il paventato ritorno in Italia del fascismo, che tanti guai combinò illo tempore e che ebbe inizio con la Marcia su Roma, giusto cent’anni fa. “Il caso e le coincidenze” avrebbe notato Leonardo Sciascia. Il quale nella querelle viene tirato in ballo proprio per aver sempre denunciato “l’eternamente possibile..

Il fascismo che c’era e l’eterno fascismo che non c’è

"Muerte de un ciclista", un film spagnolo degli anni Cinquanta e l’eterno fascismo italiano. La censura e il ridicolo. Uno spettro si aggira per l’Italia, lo spettro del ritorno del fascismo. Nel frattempo che la guerra abbaia alle porte d’Europa. A conferma della celeberrima affermazione di Marx per cui “La storia si ripete sempre due volte, la prima come tragedia, la seconda come farsa”, ci sono le grida degli influencer. Il fatto è che la categoria, fatta di uomini e donne dai più ritenuti al vertice della società attuale (tanto da farsi, ad esempio, perfino un selfie col capo dello Stato senza neppure sfilarsi gli occhiali da sole), nell’attuale vicenda politico-elettorale ha dimostrato di contare zero. Altro che uno vale uno. In questo contesto l’Istituto Cervantes, che promuove l’insegnamento e..

Migranti. L’America alle prese
con una Lampedusa che non c’è

“Nimby”, si dice in inglese. L’acronimo significa: “Not in my back yard”. Cioè, non nel mio giardino. Mai nel cortile di casa mia. In fondo è una storia semplice. Succede a Martha’s Vineyard, nel Massachusetts, Stati Uniti. Di là del mare e dell’oceano. Nel nuovo mondo. “La vigna di Marta” come suonerebbe il nome tradotto in italiano, è un luogo speciale. Lo sfondo perfetto per la saga amara dei Kennedy. E da loro in poi, l’isola pensatoio delle élite liberali americane. Mica una Lampedusa qualunque. Mica un’appendice della Sicilia, isolata suo malgrado nel mezzo del decadente Mediterraneo, regina senza corona di un’accoglienza fatta, se va bene, di solidarietà, volontariato e di buoni propositi. Che servono a tappare falle nazionali ed europee sui flussi migratori per poi inabissarsi nell’inesorabile degrado di..

Ma l’Ape Maio
è già diventato
un calabrone

L’Ape Maio. L’insostenibile leggerezza della giovane ape protagonista dell’infanzia televisiva dei nostri figli che si fa soggetto politico. Con l’operoso insetto che vola nel simbolo accanto al nome del nuovo partito: Impegno civico. E sopra il cognome del ministro degli Esteri, Di Maio, a cui è riservato il corpo tipografico più grande. Vola, vola verso l’alto, l’ape. Le alucce a formare un cuore, verso la meta contenuta in un logo rotondo più piccolo. Quasi una miniatura. Manco a farlo apposta in gergo viene chiamato “pulce”, proprio come l’insetto. La “pulce” è l’inserimento nel simbolo che verrà stampato sulla scheda elettorale dell’emblema di un partito già esistente. Un partito già esentato per legge dalla raccolta delle firme.  Che, come è noto, assieme alle molte incombenze burocratiche, deve essere attuata almeno un..

Lo zibaldone dei migliori
e la lezione di Voltaire

Dai migliori il meglio. C’è un concetto antico come l’uomo che in linguistica è stato teorizzato come ipotesi di Sapir-Whorf. Secondo questa ipotesi il modo di esprimersi determina il modo di pensare. C’è una connessione diretta tra la lingua che si parla e la realtà che si percepisce. E viceversa. Fino all’incapacità individuale o collettiva, anche di un intero popolo, di sapere cogliere elementi della realtà perché mancano le parole per esprimerli. “I limiti del mio linguaggio indicano i limiti del mio mondo”, diceva Ludwig Wittgenstein, uno dei filosofi più autorevoli del Novecento. Dopo avere messo le mani avanti con dotte premesse, desueto “introibo ad altare Dei”, confortiamoci con un florilegio di dichiarazioni del miglior governo che l’Italia abbia mai avuto, nonostante i tempi siano tra i peggiori. Cominciamo dal..

Erdogan, i curdi
e l’Occidente: storia
d’amore e tradimenti

Whatever it takes. Che è il motto sul blasone di Draghi. Anche a costo di recarsi con mezzo governo italiano in Turchia e farsi ritrarre in attesa di essere ricevuti da Erdogan, il sultano della Nato, quello che fa il bello e il cattivo tempo nei paesi confinanti del Medio Oriente, Siria e Iraq soprattutto, ma pure in Nord Africa, nella Libia delle milizie tribali. La prossima settimana Erdogan si incontrerà a Teheran col presidente della Federazione russa Putin e con quello dell’Iran, Ebrahim Raisi. In programma un vertice sulla Siria e colloqui bilaterali sul conflitto in Ucraina. Erdogan è uno che sa il fatto suo. Ha già insediato truppe oltre frontiera. Ha occupato di fatto territori siriani o iracheni. Per non parlare della questione dei curdi, il popolo senza..

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