Giuseppe Sottile

La maggioranza c’è,
manca il coraggio

Per carità, Matteo Salvini non fa miracoli ma con la sua visita a Palermo ha certamente proiettato sullo schermo della politica siciliana un’ipotesi di centrodestra unito e vincente: basta con le risse e basta soprattutto con le diffidenze, con i sospetti, con i rancori. Lui ce l’ha messa tutta: ha siglato un’intesa rispettosa con il governatore Nello Musumeci e ha fatto pace con il presidente dell’Ars, Gianfranco Miccichè, suo ex nemico. Tutto rose e fiori, dunque? Manco per sogno. La parola passa ora a Musumeci. Spetta a lui decidere se avviare, finalmente, una stagione di riforme. Spetta a lui decidere se mettere a punto, finalmente con un rimpasto, gli equilibri di forza interni alla maggioranza. E spetta a lui decidere se sbarrare finalmente le porte agli avventurieri che gli ronzano..

Ruvido memorandum
per il leader leghista

Ora che Salvini ha deciso di mostrare i muscoli anche in Sicilia, qualcuno gli dica che qui il centrodestra governa già; che la giunta presieduta da Nello Musumeci, in due anni, ha solo boccheggiato tra pavidità e contorsioni; che la maggioranza traballa ad ogni appuntamento; che non ci sono più miliardi da scialacquare; che si è raschiato il fondo del barile; che i conti pubblici sono di fatto commissariati da Palazzo Chigi; che l’economia della Sicilia è stata affidata dal Governatore a un bullo che piritolleggia tra Roma e Bruxelles in cerca di intese che nessuno gli sottoscrive. Per poi verificare l’autorevolezza del medesimo Musumeci nella trattativa con i poteri forti, a cominciare dall’Anas, il leader della Lega percorra l’autostrada che teoricamente collega Palermo e Catania. Scoprirà di quali miserie..

Le indigeribili manette
del manettaro Bonafede

Non era mai successo. Gli avvocati di Napoli sono entrati nell’aula del Palazzo di Giustizia, dove si inaugurava solennemente l’anno giudiziario, con le manette ai polsi. Protestavano contro la riforma della prescrizione – fine processo mai – fortemente voluta dal giureconsulto Alfonso Bonafede, ministro per caso. A Roma, nel tempio della Cassazione, il medesimo Guardasigilli è stato bocciato dal primo presidente della Suprema Corte con parole di fuoco, mentre a Milano è successo un fatto addirittura più clamoroso: quando ha preso la parola Piercamillo Davigo, membro del Csm e profeta di tutti i manettari, gli avvocati hanno abbandonato la cerimonia e sono usciti dall’aula. Che cosa dovrà succedere ancora perché i Cinque stelle capiscano che il loro tramonto è dovuto sostanzialmente al fatto che la gente non sopporta più il..

La Sicilia in offerta
di Mister Musumeci

Non ci resta che riconoscerlo. Con estrema umiltà dobbiamo prendere atto che il nostro amatissimo presidente della Regione non è solo un Santo Seminatore ma anche un eroe, intrepido e ardimentoso, come quelli che un tempo popolavano le favole. Pensate che, per amore di questa nostra meravigliosa Sicilia, ha abbandonato per qualche giorno le dolcissime valli di Ambelia, terra di arance e di cavalli, ed è volato a New York per invitare, imprenditori e finanzieri, yankie e paisà ad investire qui da noi, nelle cosiddette Zes, zone con grandi agevolazioni fiscali. E’ stata una visita veloce quella di Mister President a Manhattan. Talmente veloce che non ha fatto in tempo a precisare un dettaglio: che un autotreno per raggiungere Catania da Palermo impiega almeno cinque ore. Un paradiso per gli..

Se la Lega in Sicilia
vuole avere un peso

Quattro deputati leghisti all’Assemblea regionale possono essere determinanti. Ma a una condizione: che costringano comunque l’inconcludente Musumeci – il governatore del pane e cipolla – a prendere finalmente in mano le questioni fondamentali della Sicilia, dimenticando gli interessi parrocchiali inseguiti finora con tanta acribia. Ben sapendo che se la rivoluzione salviniana si limiterà all’acquisizione di un assessorato, la missione potrà ritenersi fallita. Musumeci deve liberarsi della sua dimensione provinciale; deve capire che l’orizzonte della Regione va oltre i cavalli di Ambelia e anche oltre Catania; che dopo due anni è necessario sapere quali assessori hanno fatto bene e quali hanno curato solo i propri interessi. La crisi che mortifica la Sicilia ha bisogno di soluzioni. Non servono più né i bulli né i farfalloni, né i piritolli né gli avventurieri.

Un presidente
piccolo piccolo

Sinceramente nessuno poteva credere che, con Nello Musumeci, avremmo avuto uno statista al comando della Regione. Ma ieri, dopo che il suo governicchio ha messo una pezza al pateracchio dell’esercizio provvisorio, lui – il Governatore – ha fornito un ritratto della sua dimensione politica. Ha liquidato lo schiaffo, ricevuto il giorno prima dall’Assemblea regionale, come un incidente di percorso, come un episodio di ordinaria amministrazione. Del resto, è questa la sua dimensione: l’ordinaria amministrazione. In seguito alla batosta avrebbe potuto chiedersi se fosse necessario o meno un colpo d’ala, un guizzo o un’intuizione che tirasse finalmente la Regione fuori dal pantano in cui la sua inconcludenza l’ha trascinata. Ma niente: solo ordinaria amministrazione. Solo Catania e Ambelia. Un presidente piccolo piccolo si trova a suo agio solo in quella dimensione.

Il bullismo
al de profundis

Fino a quando questo assessore al Bilancio potrà consentirsi di sfidare un’Assemblea regionale che non sopporta più il suo bullismo, i suoi opachi giochi sui conti pubblici, i suoi funambolismi sugli immobili della Regione, le sue dubbie manovre sul digitale, i suoi ingombranti silenzi sul censimento fasullo che ha fruttato novanta milioni a un avventuriero che, manco a dirlo, si fregiava delle sue consulenze? Fino a quando Musumeci consentirà che un bullo, arrivato nelle stanze del potere senza legittimazione elettorale, provochi continui disastri nella vita di tutti quei siciliani che aspettano dalla Regione risposte concrete e non il tiro al bersaglio dei franchi tiratori? Ieri, quelli che non lo sopportano più gli hanno affossato a voto palese l’esercizio provvisorio. Riparare il danno non sarà facile. Per il governo Musumeci siamo..

Palermo, il traffico
in mano ai talebani

Al Comune di Palermo c’è un assessore che si è trasformato ormai da tempo in un talebano del traffico: anzi, della ztl. Sogna una città senza auto, affidata per la mobilità solo ai mezzi pubblici: autobus e taxi. Uno zelo, quello dell’assessore Giusto Catania, che potrebbe anche dare i suoi frutti se solo fosse accompagnato da altre attenzioni. Se, per esempio, ci fosse lo stesso impegno nel risolvere la questione dei cantieri che hanno imprigionato, fino a dissanguarle economicamente, intere strade della città: dalla via Emerico Amari a viale Lazio fino alla zona del porto. Anche i bambini dell’asilo capiscono che l’interlocuzione con le ditte appaltatrici non è delle più facili ma c’è un dato di fatto: nessuna impresa rispetta le scadenze. Pensare che la ztl possa da sola arginare..

Non era di Catania
E la nomina s’affumò

L’altro ieri, quando un mitomane pensò bene di incoronarsi presidente dell’Orchestra Sinfonica, l’assessore Manlio Messina, cui spetta la designazione, tenne subito a far sapere che, quel signore, lui non l’aveva mai visto né sentito. Fatta la precisazione, il responsabile del Turismo e dello Spettacolo avrebbe anche potuto scegliere un candidato idoneo e avviare così la nomina vera propria; un modo, istituzionalmente corretto, per stroncare le manovracce che ormai da anni affliggono la sventurata Fondazione. Invece, niente. Neppure la farsa dell’ex usciere che si era fatto presidente è servita per riportare la Sinfonica alla normalità. Fonti autorevoli dicono che Messina una personalità autorevole da designare l’aveva già individuata. Curriculum, esperienza, titoli: tutto al top. Ma si è accorto all’ultimo momento che non era catanese. E la nomina si affumò.

Mirri e l’affare
del centro sportivo

Chi credeva che Dario Mirri, grintoso patron del Palermo, avesse acquistato la squadra di calcio solo per un illibato amore verso lo sport, si ricreda quanto prima. Il giovane manager discende da una dinastia imprenditoriale molto attiva e aggressiva; e in questi giorni sta dimostrando a tutti, grandi e piccini, di che erba è fatta la scopa. La partitina di calcio è cosa bella e divertente, i tamburi dei tifosi possono essere anche una piacevole macchia di colore, ma ancora più eccitante è l’affare immobiliare che Mirri pensa di realizzare su un terreno della Favorita, che è demanio pubblico. Vuole costruire un centro sportivo per addestrare i talenti del nuovo e glorioso Palermo, così dice. Pensa quanto valore acquisteranno le sue azioni se l’affare andrà in porto. Se la Regione..

Gerenza

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