Totò Rizzo per Il Foglio

Insopportabile. Cala il sipario sul trash della D’Urso

C’è la tesi “complottista” e quella “due camere e cucina”. Quale sia quella vera non si sa. La prima è suffragata da ascolti bassi e malumore aziendale, la seconda da una logistica gestionale a metro quadro calpestabile. Fatto sta che Barbarella D’Urso sul suo serale festivo – Live – Non è la D’Urso – domenica 4 aprile tirerà giù la saracinesca e saluterà i suoi fans dando appuntamento per la ripresa, nel prossino autunno.  Una chiusura comunque anticipata visto che la programmazione avrebbe dovuto protrarsi sino a fine stagione, fino alle porte della calura. Intendiamoci: su Canale 5 le restano, fino a che secchielli e palette non ricompariranno sulle spiagge, i caposaldi: Pomeriggio Cinque ogni pomeriggio dal lunedì al venerdì e Domenica Live all’ora del tè nel dì di festa...

Non attaccate Angela ma la D’Urso. Lei ha creato il mostro

Sono finiti al commissariato Lady Non-ce-n’è-Covid e il suo web-manager con codazzo di boys e cameramen. Cazziati, multati, denunciati. Lo scopo era quasi benefico, (quasi, nessuno è missionario d’altronde: appena qualche effluvio di affari di piccolo cabotaggio): regalare alle masse il primo (e forse unico) reggaeton negazionista della storia della musica. E invece è andata a finire con «fornisca le generalità». Non proprio tutti dentro (come nel film giustizialista di Alberto Sordi) ma tutti davanti ai poliziotti che hanno contestato: occupazione abusiva e arbitraria di demanio pubblico in concessione, assenza di licenza di pubblica sicurezza e di agibilità del luogo, violazione della normativa per il contenimento del contagio del virus Covid-19. E dire che, con una puntualità degna delle professioniste navigate, l’Elettra Lamborghini in sedicesimo del quartiere Noce, Angela Chianello,..

I vicerè fanno le bizze
con la pandemia.
E’ l’autonomia, disgrazia

Il governo meno peggio che c’è (un avvocato pugliese in balìa di un litigioso manipolo di stizzosi scissionisti egocentrici e di un gruppetto di ragazzini che giocano a fare gli ideologi al luna park del potere) si è trovato tra i piedi la disgrazia più grande che potesse capitare al nostro Paese: le autonomie regionali. A un Paese come il nostro, per l’appunto, ché in altri – magari, talvolta – le autonomie sono state occasioni per accelerare la marcia affrancandosi da uno statalismo accentratore, per svincolarsi da lacci e lacciuoli della burocrazia capitale, per realizzare un sogno o un desiderio (libertà, sviluppo, welfare: fate voi) di cui ai fratelli confinanti, seppur connazionali, non importava nulla, per territorio, cultura, bisogno. Qui, invece, l’autonomia è stata alibi, pretesto, grimaldello o piede di..

E si riaccesero le luci
al “Musco” di Catania

Nella difficile situazione dei teatri privati, Dipasquale e Contadino varano la stagione del Must, nella storica sala di via Umberto. Con una doppia vocazione: la tradizione e la sua riscrittura e l'attenzione ai temi contemporanei

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