Ma quanto piacciono
a Meloni i poteri forti

La postura atlantista di Giorgia Meloni non è una novità, sin dai tempi del primo invio delle armi in Ucraina. Però nel suo primo comunicato, da premier in pectore, dopo il tweet a Volodimir Zelensky, è difficile non leggervi una voluta accentuazione di questa postura. Quasi un ostentato sfoggio atlantista (e filo-americano). L’“imperialismo di stampo sovietico”, la “violenta occupazione” che “minaccia la sicurezza dell’intero continente europeo”: un’enfasi che evoca George W. Bush quando gli nominavi Bin Laden, o Ronald Reagan contro l’“impero del male”. Continua sull'Huffington Post

L’Onu e il mondo col fiato sospeso
Putin si annette le terre d’Ucraina

Il presidente russo, Vladimir Putin, presiederà l'atto di annessione delle regioni ucraine di Donetsk, Lugansk, Kherson e Zaporizhzhia, a cui parteciperanno anche i leader filo-russi dei territori separatisti. Alle 15 (le 14 in Italia) al Cremlino Putin parteciperà alla cerimonia di firma dei trattati di adesione alla Russia delle quattro regioni dell'Ucraina, sulla base dei referendum che, secondo Mosca, hanno sancito la "volontà di autodeterminazione" delle popolazioni locali. Il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, ha convocato una riunione urgente del Consiglio di sicurezza e difesa nazionale che si terrà nelle stesse ore della cerimonia a Mosca. Continua sull'Huffington Post

La battaglia degli Interni:
così Meloni si cucina Salvini

Siamo già al braccio di ferro. Il governo di centrodestra parte con una serie di nodi da sciogliere, nessuno così intricato come quello che al momento è stretto attorno al Viminale. La Lega lo rivendica, Matteo Salvini stesso lo rivendica. Sente Giorgia Meloni e concordano di vedersi alla Camera nel primo pomeriggio, un paio di ore prima posta sui social l’ennesima foto di uno sbarco accompagnata da una didascalia piuttosto eloquente: "Ci vuole qualcuno che torni a difendere e proteggere confini, leggi, forze dell’ordine e sicurezza in Italia. Qualche idea ce l’abbiamo”. Come se non bastasse, mentre l’incontro è in corso fonti del Carroccio fanno filtrare alcuni dei “tantissimi messaggi” di militanti che chiedono che il loro leader torni al ministero dell’Interno. Continua sull'Huffington Post

Una storia di famiglia, la destra
Canto in memoria di chi non c’è più

Alle tre di notte parla Giorgia Meloni e Lia — la signorina Lia, mia zia – batte le mani. La vincitrice del 25 settembre dedica il risultato a chi non c’è più e Lia batte le mani nella stanza importante della propria casa con la raggiante felicità delle sue ottantacinque primavere. Ognuno ha un mondo intero nei propri ricordi, pezzi di vita che sono solo batticuore ormai, la piccola bionda ostinata arriva al governo d’Italia, parla da Roma, e quella sua dedica – “a chi non c’è più” – fa commuovere Lia, mia zia, che di ogni lacrima se ne fa un film. Ed è una pellicola che va a svolgersi alle ore tre del mattino, questa di Lia – la signorina, mia zia – con tutti quelli che non..

Le profezie nefaste di Musumeci, la rivincita di Miccichè

Lo diceva col tono di chi era appena sceso dal Monte Sinai: “Non avrai altro presidente al di fuori di me”. E aggiungeva che almeno quattro sondaggi dicevano che solo lui, Nello Musumeci, governatore uscente, sarebbe stato in grado di sbaragliare il 25 settembre qualunque concorrente. Profezie vacue, vuote, quasi farlocche. Perché, dopo una campagna elettorale affrettata e ansimante, la realtà ha dimostrato che un altro candidato c’era e che quel candidato, con il suo equilibrio e la sua moderazione, ha superato il quaranta per cento dei voti. Era Renato Schifani: ex presidente del Senato, un uomo delle istituzioni, un forzista della prima ora. Alle geremiadi del Re Sole catanese – après moi le déluge, dopo di me il diluvio – si era unito il coro dei fedelissimi: da Ruggero..

Meloni, prime ipotesi di governo
Giulia Bongiorno alla Giustizia

C’è una gran corsa di Matteo Salvini e di Silvio Berlusconi a marcare l’alleata, a tracciare linee di confine, a mettere per iscritto il proprio ruolo che verrà nel futuro governo. Giorgia Meloni sorride e risponde garbata al telefono, ma non ha nessuna fretta, sa di avere il pallino in mano, non vuole sbagliare nella composizione dell’esecutivo che chiamerà a guidare, sa che tutti gli occhi di chi l’ha votata e del mondo intero sono su di lei. Ieri sera una telefonata con il leader di Forza Italia, fonti del partito la definiscono ovviamente “cordiale”, l’aggettivo che viene speso quando non si vuol dire nulla. Il Cavaliere ha esperienza di trattative estenuanti, e una fonte azzurra spiega che Berlusconi non è sceso nei dettagli di quel che sarà, punta a..

I collegi: disfatta per Di Maio
Bonino & Calenda: doppio ko

Qualche sorpresa, grandi esclusioni nelle sfide nei collegi uninominali. Napoli Fuorigrotta, disfatta Di Maio. Nella grande 'rissa' a quattro tra big esce vincitore l'ex ministro dell'Ambiente Sergio Costa, in corsa per il Movimento 5 Stelle, che raccoglie il 39,7% e batte i tre avversari: il ministro degli Esteri ex pentastellato Luigi Di Maio (24,45%), l'ex forzista Maria Rosaria Rossi (22,5%) e l'attuale ministra del Sud Mara Carfagna (7,1%). Continua sull'Huffington Post

Un altro candidato in manette
Anche Palermo fa il suo arresto

I carabinieri di Palermo hanno arrestato Salvatore Ferrigno, 62 anni, candidato al Parlamento regionale siciliano alle prossime elezioni nei Popolari Autonomisti di Raffaele Lombardo, lista della coalizione che sostiene l'ex presidente del Senato Renato Schifani nella corsa alla presidenza della Regione siciliana. L'aspirante deputato è accusato di scambio elettorale politico-mafioso. Insieme a lui sono finiti in carcere il boss Giuseppe Lo Duca e Piera Lo Iacono, che avrebbe fatto da intermediaria tra il politico e la mafia. L'indagine è stata coordinata dal procuratore aggiunto Paolo Guido. Secondo gli inquirenti, Ferrigno avrebbe promesso favori e denaro all'esponente di Cosa nostra in cambio di voti. A sostegno dell'accusa ci sono diverse intercettazioni ambientali, alcune di pochissimi giorni fa. L'inchiesta, coordinata dalla Dda, nasce da un'indagine dei carabinieri del Nucleo investigativo, guidati dal..

Una sola certezza: chiunque vinca, piangerà la Sicilia

Tutti hanno recitato la loro parte. Persino la magistratura, che non ha esitato a compiere gli arresti di rito – quelli della vigilia – per dire agli elettori che sulla irredimibile politica c’è sempre l’occhio implacabile della giustizia. Ha recitato la sua parte Renato Schifani, il del centrodestra alla presidenza della Regione: non ha attaccato nessuno, anzi; ha elogiato l’unità della coalizione pur sapendo che la coalizione, a urne chiuse, sarebbe stato un ammasso malmostoso di lacrime e risentimenti. Ha recitato con un fil di voce la sua particina anche Caterina Chinnici, la candidata del centrosinistra: certa della sconfitta, ha tentato un mea culpa l’altro ieri a Palermo, davanti al deserto che a piazza Sant’Anna ha accolto – si fa per dire – il segretario nazionale del Pd, Enrico Letta...

Ritratto di tre assessori raccolti in un interno con rancore

Sinceramente non ricordo se l’ultimo decreto della giunta guidata da Nello Musumeci sia stato il finanziamento di tremila euro per le divise della banda di Monreale o la nomina del Comitato regionale per la Comunicazione, meglio conosciuto come Corecom. Stiamo parlando di provvedimenti strutturali, di decisioni che incideranno pesantemente nel futuro sociale, economico e politico della Sicilia. Basta pensare che il governatore e i fidatissimi del suo cerchio magico hanno accantonato questioni come il pagamento delle somme dovute da anni a costruttori, imprenditori e convenzionati esterni della sanità – tutti con l’acqua alla gola per via di una crisi senza precedenti – pur di impupare come si deve i musicanti di Monreale e pur di dare una guida di saggezza e competenza a un ente del quale si parla una..

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