Se Giorgia cambiasse
gli asini con i cavalli

Giorgia Meloni ha tutto il diritto di rivendicare la Presidenza della Regione siciliana. Fratelli d’Italia va a gonfie vele, almeno nei sondaggi, e in politica i voti si contano, eccome. Ma non si impunti su Nello Musumeci. E soprattutto non racconti, in giro per l’Italia, che l’attuale Governatore è un uomo di cui la Sicilia dovrebbe menare vanto. Per averne contezza, basta guardare ciò che succede a Palazzo dei Normanni: siamo a maggio e l’Ars discute ancora su un bilancio che un amministratore capace avrebbe dovuto approvare a inizio anno. Un bilancio di cartapesta confezionato da un Cavaliere della Fuffa che Musumeci si ostina a mantenere, malgré tout, al suo fianco. Cambi cavallo, cara Giorgia. Fratelli d’Italia ha uomini di grande valore e di collaudata esperienza. Metta da parte gli..

Ciò che solo Giorgia
vede in Musumeci

"Non si manda a casa per dispetto un governatore capace". Per carità, Giorgia Meloni ha tutto il diritto di sostenere e spendersi per Nello Musumeci, tornato per l’occasione sotto le bandiere di Fratelli d’Italia. Ma dovrebbe anche rispondere a una domanda. Capace di che? Per cinque anni il Governatore della Sicilia ha schiaffeggiato i partiti, il parlamento e la democrazia; non ha mai presentato i bilanci nei tempi stabiliti dalla legge; non è riuscito a varare una sola riforma; ha riversato sull’Assemblea regionale arroganza e disprezzo. Non solo. Ha delegato i poteri della Regione a un cerchio magico, molto spregiudicato, che ha fatto strame del sottogoverno e ha messo a durissima prova la sua onestà-tà-tà. Ha concentrato i suoi sforzi sui cavallucci di Ambelia, stazione di monta a due passi..

Se Giorgia vedesse
il bilancio gaglioffo

Se Giorgia Meloni avesse la benevolenza di fare un salto in Sicilia e di assistere a una seduta dell’Assemblea regionale toccherebbe con mano di che pasta è fatto il governo guidato dal suo amatissimo Nello Musumeci. Il Governatore, e il cerchio magico che lo affianca, hanno presentato, a cinque giorni dal termine ultimo, un bilancio gaglioffo che difficilmente il parlamento riuscirà ad approvare entro la scadenza del 30 aprile. I bulli di Palazzo d’Orleans hanno avuto quattro mesi di tempo. Ma per nascondere i buchi, i bluff, le manovre clientelari e le altre scempiaggini inserite tra i 24 articoli della Finanziaria, hanno pensato bene di escludere i partiti e di mettere il parlamento di fronte a un ricatto: o bere o affogare. No, cara Giorgia. Vieni di persona: le cose..

“O bere o affogare”
Schiaffo al Parlamento

"O bere o affogare": è l’urlo di battaglia con il quale Musumeci e i bulli del suo cerchio magico vogliono assestare un ultimo schiaffo ai partiti e al parlamento. Il ritardo con il quale hanno presentato la Finanziaria all’Assemblea regionale non è frutto del caso né di una tenace pigrizia. Loro sapevano che il 30 aprile sarebbe scaduto l’esercizio provvisorio e che entro quella data avrebbero dovuto approvare il Bilancio di previsione per il 2022. Ma hanno deliberatamente spinto il gioco oltre la decenza. La Finanziaria offerta all’esame del parlamento è un insieme di norme clientelari, finalizzate quasi tutte a tenere in piedi vecchi baracconi e a spartire favori agli amici di sempre. Un dibattito serio avrebbe rivelato i trucchi, i bluff, le imposture. Per giocare al buio e nascondere..

In alto i cuori: il Bullo
è già all’ultimo miglio

Incredibile ma vero. Il Bullo è diventato all’improvviso una pecorella smarrita. Nei quattro mesi in cui avrebbe dovuto preparare le carte necessarie per mettere il parlamento nelle condizioni di dare un futuro alla Sicilia, lui se n’è stato a giocare e a sfasciare, a tramare e a complottare, a spartire consulenze e a cercare affari. Ha vissuto, manco a dirlo, la sua vita da Bullo. Ora si sente con l’acqua alla gola e cerca appigli, farfuglia pretesti, scarica le colpe sui burocrati, millanta crediti che non ha. Ma nessuno gli dà più ascolto. Nemmeno i compagnucci di Palazzo d’Orleans. Neppure il il Presidente dell’onestà-tà-tà, quello che per cinque anni gli ha concesso la libertà di piritolleggiare nel governo e di devastare il sottogoverno. E vorrebbe travestirsi da ometto mansueto. Forse..

Vincere è possibile
ma Giorgia tentenna

L’abbraccio con Nello Musumeci non ha portato finora molta fortuna a Giorgia Meloni. La leader di Fratelli d’Italia si è ritrovata isolata nel centrodestra che, se unito, avrebbe invece tutti i numeri per vincere la sfida in Sicilia. E, come se non bastasse, è costretta a fare i conti giorno dopo giorno con un partito – il suo – dilaniato da una spaccatura che difficilmente potrà essere sanata dai caporali di giornata: da un lato c’è lo sguaiato Manlio Messina – un balilla – che non sa più cosa inventarsi per garantire a Musumeci la ricandidatura; e dall’altro lato c’è una filiera di dirigenti culturalmente più attrezzati, come Raffaele Stancanelli, che di Musumeci (e del suo cerchio magico) non vogliono sentire nemmeno parlare. Una persona di buon senso e di..

La semina nefasta
di Nello Musumeci

Lui insiste e dice che dopo la semina gli spetta la stagione del raccolto. Ma che cosa ha seminato il presidente della Regione, Nello Musumeci? Non sarà certamente ricordato come il protagonista di una grande stagione di riforme: quella che doveva segnare la fine di tutti gli abusi e le speculazioni sui rifiuti non l’ha saputa condurre in porto e gli è evaporata tra le mani. Non lo ricorderemo neppure per una cristallina gestione della cosa pubblica: per rendersene conto basta ripercorrere gli scandali e le arroganze del suo cerchio magico; dei tre personaggi – il Bullo, il Balilla e il Corazziere – che da cinque anni fanno il bello e il cattivo tempo nelle più ricche praterie del potere. L’unico seme che il Governatore ha sparso sul terreno della..

Più che il passito
potè l’opera dei pupi

Lui, Toni Scilla, aveva fatto di tutto per onorare la storia e il valore del vino siciliano. In vista della fiera di Verona, aveva mobilitato giornalisti, artisti e testimonial. Aveva speso un bel po’ di soldi e legittimamente pensava di vivere anche, da assessore all’Agricoltura, un suo quarto d’ora di celebrità. Ma è andato tutto di traverso. Sul palcoscenico del Vinitaly, attrezzato con sfarzo spagnolesco, sono arrivati il presidente della Regione, Nello Musumeci, e il presidente dell’Ars, Gianfranco Micciché: il primo posseduto dal demone della ricandidatura, il secondo intestardito sul no. Da quel momento il povero Scilla ha dovuto abbandonare la scena. Il vino è finito dietro le quinte e il teatrino della politica ha messo su un duello degno dell’opera dei pupi. Altro che passito e prosecco. Alla Sicilia..

Guarda chi s’avanza
sulle macerie di Palermo

Non ci bastava Leoluca Orlando, con le sue velleità da primo della classe e la sua antimafia chiodata, con le bare dei Rotoli e la sua cultura del sospetto. Non ci bastavano gli assessori della sua corte dei miracoli. Diceva: “Io il sindaco lo so fare” e invece ha trasformato la città nel più grande immondezzaio d’Italia. Ora s’avanza anche il Bullo, con la sua compagnia di ventura. Dice: “Voglio risanare i conti” e così dicendo minaccia di piritolleggiare per cinque anni negli “antri muscosi e nei fori cadenti” del Comune di Palermo. Ha già devastato gli enti e i bilanci della Regione. Si è già speso per avventurieri e faccendieri. Ha già imposto a Palazzo d’Orleans la legge dell’intrigo e del tradimento, ma ancora non si accontenta. Cerca nuovi..

Tre pupi di zucchero
appesi a una vetrina

Ricordo una vetrina di Ballarò dove erano rimasti appesi, dopo la settimana dei morti, tre o quattro pupi di zucchero. Bellissimi e coloratissimi, richiamavano nomi roboanti – Orlando, Rinaldo, Angelica – ed eroi di imprese mirabolanti, di poemi antichi, di canti struggenti, di finzioni romantiche e appassionate. C’era la vetrina ma non la bottega: i proprietari, sfibrati dalla crisi, avevano chiuso la baracca. “Torno presto” avevano scritto su un cartello attaccato alla saracinesca. Quella vetrina con i pupi di zucchero mi ricorda i tre candidati del centrodestra che sperano di conquistare la poltrona di sindaco di Palermo. C’è il bravo Francesco Cascio, c’è il battagliero Roberto Lagalla, c’è l’indomito Francesco Scoma. Tutti appesi lì, tutti in attesa di un accordo che non arriva. La bottega è chiusa. “Torno subito”, ha..

Gerenza

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