Totò Rizzo

L’inno di Toto Cutugno famoso quanto quello di Mameli

Quando ci congedammo, l’ultima volta al telefono, due anni fa, mi disse: «Mi auguro tanta salute: perché, sai, in fondo è quella di cui abbiamo più bisogno». Per capirla tutta: più del successo, dei soldi, degli applausi, dei 100 milioni di dischi venduti, dei 60 anni e passa di carriera, della popolarità internazionale con il pubblico che ti sente “suo”, perfino i riservatissimi cinesi che ti aspettano all’ingresso artisti del teatro, a Pechino, per cantare in coro con te, per strada, “L’italiano” (in cinese) e chiederti un autografo. Il lato tenero, il fianco scoperto di Toto Cutugno, che già da qualche anno combatteva contro il tumore, che, da indomito qual era, non voleva darla vinta nemmeno alla malasorte. Grande Toto, adesso lo diciamo, adesso lo scriviamo ma quanti equivoci, quanti..

Murgia. Quanti aspiranti attori nel teatrino della morte

Chi sarà adesso il prossimo attore che comparirà in scena? Chi sta già sbirciando dietro le quinte in attesa del cono di luce che lo illumini sulla ribalta? Qualcuno magari recalcitra, altri non vedono l’ora, c’è chi vorrebbe rimanere nell’ombra della comparseria e chi già pregusta la prima battuta. Chi verrà a prendersi l’applauso di sortita, le lacrime, i sorrisi, i mormorii della rivelazione inedita, il battimani finale? La maestra delle elementari? Il parroco che insegnò il catechismo? La cameriera ai piani che fu collega in albergo? In morte di una scrittrice – e intellettuale, polemista, attivista e tutto il resto che è già stato etichettato – il teatro che ne sta venendo fuori ha qualcosa, più che di impudico, di superfluo, se non di superficiale. Peggio, di semplificante. E..

L’apocalisse. Personaggi e interpreti: Nello, Renato, Stefania

Da un lato c’è Musumeci che tra le parole ci pianta un “se non” che pesa un quintale buono. The perfect storm, come la chiama lui, è dovuta sì al cambiamento climatico ma anche all’«incuria dell’uomo se non alla criminalità», fenomeno sociale che quel “se non” relega alle concause, deprezza come fonte dell’evento, sminuisce come possibile realtà, ci mette insomma davanti due, tre, quattro forse. Poi dice che uno spacca il capello in quattro… Dall’altro lato c’è Schifani che chiama in causa dopo le altissime temperature la «pazzia dei piromani», senza nemmeno citarla la criminalità, derubricandola come patologia, ci vorrà probabilmente un consesso internazionale di neuropsichiatri che affiancherà i giudici nel caso in cui uno dei simpatici mattacchioni che giocano con gli zolfanelli venisse beccato sul fatto. In questo clima..

Addio Scaparro, il regista colto che amava i sud del mondo

Scaparro mi telefonò al giornale. Era il 1982. «Sono Maurizio, volevo invitarti a febbraio alla Biennale Teatro, quest'anno porto Napoli a Venezia». Gli risposi che, certo, mi sarebbe piaciuto ma dovevo accertarmi se il giornale fosse disposto a mandarmi. «Non ti preoccupare - rispose - sei ospite di una Settimana Internazionale della Giovane Critica Teatrale: arriverete un po' da tutto il mondo, per l'Italia abbiamo scelto te e Oliviero Ponte di Pino (che allora scriveva per “il manifesto”)». Avevo 25 anni. Il giornale diede l'ok con orgoglio misto a senso del risparmio (una settimana di cronache teatrali da Venezia a spese della Biennale non era da buttar via, allora: pensate in quali sgabuzzini cartacei è umiliato oggi il teatro sui quotidiani). Fu un'esperienza bellissima. Conoscevo Maurizio da alcuni anni, credo..

Gerenza

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