Giuseppe Sottile

La sirena e l’illusione
di una corsa che non c’è

Fateci caso: non incontrerete mai un assessore regionale senza macchina, autista e sirena spiegata. E non è tanto un problema di sicurezza: quale minaccia potrebbe mai arrivare al fraternissimo Gaetano Armao, amico di tutti e con tutti, o a quel figurino di Sandro Pappalardo, così a modo da sembrare a tratti persino angelicato? Il gioco - un innocente gioco di potere, sia chiaro - sta tutto in quel lampeggiante che, dal tettuccio delle auto blu, offre al popolo dei siciliani l'illusione che la Regione va di corsa; e che è capace di farsi strada anche lì dove i problemi si accatastano, inesorabili e impietosi. Tutto falso, evidentemente. "La luce taglia le tenebre ma le tenebre non l'afferrano", si legge nel Vangelo di Giovanni.

Ritratto malinconico
di un basso impero

Direte voi: ma con il terremoto che scuote l’Italia, da Montecitorio a Palazzo Madama, da Palazzo Chigi all’ultima poltrona di sottogoverno, come vi è venuto in mente di puntare gli occhi su Siracusa e sulla commediola paesana di una competizione elettorale che teoricamente non dovrebbe essere diversa di quella di Catania, Ragusa, Trapani o Messina? Domanda legittima, ma un perché esiste. Siracusa, con diciannove liste in gara e sette candidati a sindaco, è l’esempio più lampante e più disarmante di quella disgregazione che ha portato alla rovina i partiti tradizionali. Chiunque provi a sfogliare nomi e volti dei contendenti capirà facilmente che la Seconda Repubblica era già nel suo basso impero. E che l’arrivo di Salvini e Di Maio – che pure non sono né Attila né Vercingetorige, ohibò –..

Un grande scandalo
senza inquisitori

Altro che “sistema Montante”, altro che le scorribande di un’antimafia farlocca nata e cresciuta per agevolare affari e carriere. Il catalogo che pubblichiamo qui accanto mostra i tentacoli di una compagnia di ventura che, con la banalissima scusa di venire incontro ai giovani senza lavoro, ha costruito un “sistema” fatto apposta per divorare miliardi e illusioni. Certo, va da sé che ogni scandalo abbia i suoi appassionati e i suoi inquisitori. Ma la dimensione delle ruberie riconducibili alla formazione professionale è stata forse sottovalutata. Sono venuti a galla nomi tenebrosi: Francantonio Genovese, Paolo Genco e altri delinquenti di piccolo taglio. Ma sulle coperture e le complicità non c’è stata Commissione antimafia o Corte dei conti che abbia voluto scavalcare il confine dell’inchiesta penale. Meglio una parola in meno che una..

Due letture politiche
della parola onestà

Mettiamo le mani avanti: l’ipotesi di un abbraccio tra Nello Musumeci e lo squadrone gialloverde di Giancarlo Cancelleri è allo stato attuale solo una ipotesi. Anzi, un sollazzo – scrive non a caso Alberto Paternò nell’articolo che potete leggere qui accanto. Ma la politica è anche fatta di ipotesi e contro ipotesi, di porte chiuse che si aprono quando meno te lo aspetti, di vicoli ciechi che all’improvviso diventano larghi e confortevoli come una strada consolare. Il problema semmai sta nella lunga distanza che separa questo Governatore, silente e impalpabile da sembrare quasi dormiente, dai travolgenti pifferai di Lega e M5s che invece parlano e straparlano, ogni giorno con sempre maggiore irruenza. Riuscirà Musumeci a trasformare la sua onestà, seria e incrollabile, in uno slogan vuoto e dissacrante come onestà-tà-tà?

Una difficile scelta:
o bere o affogare

Riuscirà Matteo Salvini, in questi giorni di furore governativo, a mantenere l’azzardata promessa di tagliare i cinque miliardi messi in bilancio dall’Italia per salvare dall’annegamento gli emigranti che si buttano a mare con la speranza di toccare le sponde di un nuovo mondo? Il leader della Lega, che ora è anche ministro dell’Interno, sembra determinato, persino ardimentoso; e con la visita a Pozzallo intende pure dimostrarlo. Ma dopo gli immancabili alalà anche lui – fiero e condottiero – dovrà fare i conti con le conseguenze sociali che i duri propositi inevitabilmente comporteranno. Il taglio dei fondi per il soccorso a mare, fanno sapere le organizzazioni non governative impegnate in questa difficilissima emergenza, potrebbe costare alla Sicilia il taglio di almeno seimila posti di lavoro. Povero Salvini. O bere o affogare...

Pd, ecco l’atlante
di una terra che non c’è

Davide Faraone o Leoluca Orlando, Fausto Raciti o Carmelo Miceli, Antonello Cracolici o Mirello Crisafulli, Totò Cardinale o Dore Misuraca? Ieri sera, travolto da una insana sindrome marzullesca, ho tentato di farmi una domanda e di darmi una risposta. Ma sono finito, come un ragazzino di primo pelo, in una piccola e inestricabile selva oscura fatta di smarrimento e confusione. Mi chiedevo: ma chi comanda oggi nel Pd siciliano? Per tutta la notte - oddio, che tormento - ho pestato acqua nel mortaio senza mai trovare una risposta. Sul far dell'alba una folgorazione: sarebbe come tracciare l'atlante di una terra che non c'è. Meglio riaddormentarsi. Senza speranza e senza disperazione.

Una polemica rovente,
ecco da dove nasce

Diciamolo con rispetto, ma anche con franchezza. Per capire le nervature del “sistema Montante” si potevano percorrere molte strade. Si potevano convocare i magistrati che lo avevano avallato e beatificato; o si potevano chiamare questori e prefetti che di quel sistema si erano compiaciuti fino a indicare nell’ex capo di Sicindustria un esempio di rivolta contro l’oppressione di Cosa nostra. La commissione antimafia ha voluto invece cominciare da alcuni esponenti politici (Crocetta and friends) e da un gruppo di tredici giornalisti divisi, pregiudizialmente, tra buoni e cattivi. Con quale criterio, si chiede Mulé, il presidente Fava ha stilato la lista dei santi e dei reprobi, di tirare fuori alcuni nomi e di non tirarne altri? L’ex direttore di Panorama ha intravisto in queste scelte il rischio di una gogna gratuita...

Il leader è sfiancato,
dategli un aiutino

Non è un momento facile per Luigi Di Maio, capo politico del Movimento Cinque Stelle. Si era proposto per diventare il capo del governo e la trattativa con la Lega si è rivelata una trappola e nulla più. Ora tenta di recuperare quello che, con la nomina di Carlo Cottarelli, gli era sfuggito di mano ma la confusione anziché allentarsi si infittisce e ogni ora che passa è un martirio, un motivo di smarrimento. Una luce di speranza gli potrà venire dalle elezioni amministrative che si terranno domenica 10 giugno in Sicilia. Qui si vince facile. Qui la favoletta del reddito di cittadinanza attecchisce, eccome. E se i risultati non saranno una doccia fredda, come è successo in Molise e in Friuli, Luigino potrà sempre dire che il popolo lo..

La sinistra e la storia
di una grande pena

Meno male che Francesco Massaro ci ha riportato alla levità con il magnifico articolo che potete leggere qui accanto. Perché ci sarebbe da piangere. Nel momento in cui il presidente Mattarella si è trovato nell’angolo più buio e più incerto della storia repubblicana la sinistra politica della sua Sicilia e della sua Palermo non ha saputo mostrargli nemmeno uno straccio di solidarietà. Di fronte a tanti insulti e a tante infamie il Pd – cioè il partito che lo ha voluto al Quirinale – avrebbe dovuto mobilitare le masse, come si diceva una volta. Invece ha scoperto, nel miserevole raduno della Fonderia Oretea, che le masse non ci sono più. E che non c’è più nemmeno la sinistra. Né quella di Renzi né quella di Pietro Grasso, né quella di..

C’è un capopopolo,
servirebbe un sindaco

Guardate lo spettacolo della monnezza: la disastrata Roma di Virginia Raggi, a confronto, sembra Copenaghen. Poi guardate l’andamento dei trasporti pubblici: le carrette che ancora riescono a muoversi appestano l’aria e asfissiano i viaggiatori. Con buchi di bilancio da fare tremare i polsi. Infine guardate i lavori in corso: le strade di Palermo, dal porto a via Emerico Amari fino a viale Lazio, sono diventate delle trappole carcerarie, ucciardonesche. Per carità cristiana – Caritas Christi urget nos, annotava San Paolo – evitiamo di parlare delle periferie, in particolar modo dello Zen, luoghi geometrici di nefandezze e perdizione. Ma una parola sul governo di Leoluca Orlando va detta. Ed è una parola triste. Lui è stato e rimane un formidabile capopopolo: sa trascinare e sa illudere; ma il sindaco non lo..

Gerenza

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