Cinque milioni di siciliani attendono di sapere quali misure conterrà la Finanziaria che l’Ars si appresta a votare. L’unica cosa certa è che non sarà una Finanziaria di guerra come quella dello scorso anno, quando il governo si presentò alla cassa con un miliardo e mezzo di fondi europei e una serie di misure anti-Covid che ancora oggi, a distanza di dieci mesi, sono rimaste inattuate (a causa dei percorsi incidentati di politica e burocrati). La manovra di cui si discute da un paio di giorni in commissione Bilancio, invece, è meno ambiziosa. Una Finanziaria lacrime e sangue che, piuttosto che liberare risorse, si promette di sforbiciare il più possibile, in modo da rendere la Regione “presentabile” agli occhi dello Stato, con cui di recente ha firmato un accordo per la spalmatura di 1,7 miliardi di disavanzo in dieci anni (fino al 2029) ed evitare il default. L’obiettivo, fissato da Musumeci e dall’ex premier Conte, è razionalizzare la spesa, ridurre gli sprechi, chiudere i carrozzoni, riqualificare la macchina amministrativa. Per questo, al Ddl Bilancio e alla Legge di Stabilità – che risentiranno della cura dimagrante (40 milioni per il 2021) – sarà allegato il cosiddetto “piano di rientro”: cioè un’illustrazione completa di tutte le azioni messe in campo da palazzo d’Orleans per mantenere le promesse.

Bonus Sicilia? Scordatevelo. Aiuti alle imprese? Sempre più limitati. Ristori per le famiglie? Non se ne parla (sono ancora in bilico i 100 milioni per l’assistenza alimentare promessi un anno fa ai Comuni). L’attesa, più che altro, riguarda la regolarità contabile, ma anche giuridico-amministrativa, delle operazioni messe in atto dal governo, che l’Assemblea dovrà ratificare nei prossimi giorni. Per capire se, e fino a che punto, la Sicilia potrà intraprendere un’operazione di risanamento dei conti, liberandoci dal “commissariamento” di Roma, che un giorno sì e l’altro pure minaccia di farci fallire. Non aspettatevi, quindi, grosse iniezioni di liquidità: una, appena confermata in seconda commissione, riguarda la dotazione da 15 milioni per stabilizzazione degli Asu, una delle sacche di precariato storiche della Regione siciliana. Il resto della manovra è, per il momento, un continuo fluttuare di annunci e comunicati stampa, che attendono la prova dell’aula. E, più verosimilmente, quella della Corte dei Conti e della Corte Costituzionale, dove si gioca il destino di Armao e soci.

La Regione, infatti, arriva all’approvazione dei documenti contabili con il fiato corto, e col peso di un’impugnativa (quasi due) sul groppone. Che certifica il fallimento della gestione economica di quest’Ente. Venerdì scorso, il Consiglio dei Ministri, ha impugnato la legge n. 33 del 28/12/2020, recante ‘Variazioni al bilancio di previsione della Regione siciliana per l’esercizio finanziario 2020 e per il triennio 2020-2022. Modifiche di norme in materia di stabilizzazione del personale precario’ in quanto – si legge nel comunicato di Palazzo Chigi – “le disposizioni si pongono in contrasto con il principio dell’annualità del bilancio e conseguentemente dell’articolo 81 della Costituzione”.

Cosa vuol dire? Che le variazioni di Bilancio, approvate dall’Ars il 28 dicembre 2020, si fondano su una copertura economica che, in quel preciso momento, non era nella disponibilità della Regione. Eppure, Armao, i soldi credeva già di averli in tasca: merito dell’accordo Stato-Regione, che avrebbe permesso (come poi, effettivamente, avverrà) di liberare risorse posticipando l’accantonamento della prima rata del disavanzo – da 421 milioni – nell’arco dei dieci anni previsti dall’accordo medesimo. Che, però, verrà firmato soltanto il 14 gennaio 2021. Ecco perché “in contrasto col principio dell’annualità del Bilancio”. E non regge nemmeno la scusa della clausola di salvaguardia, ossia il piano b), un meccanismo alternativo per differire la quota di disavanzo (altro stratagemma dell’assessore per sfangarla). Roma ha detto no.

Armao non ha del tutto abbandonato la speranza dato che il ricorso non è stato depositato alla Consulta entro il termine di lunedì scorso. E comunque l’assessore ci aveva messo un attimo a minimizzare la questione, parlando di rilievi “meramente formali e residuali”: “Con il ministero dell’Economia e il ministro degli Affari regionali – aveva spiegato in una nota – sono già stati superati quasi tutti i rilievi, tanto che lo stesso Mef ha ritenuto ampiamente dimostrata la sussistenza delle coperture contenute nella manovra. Rimane solo una presunta questione sul profilo dell’annualità sulla quale il ministero ha insistito, nonostante la sussistenza di identici precedenti che non portarono all’impugnativa”. Il vicegovernatore, a giorni, potrebbe volare a Roma e discuterne con la ministra Gelmini, la prima ad aver proposto l’impugnativa: è di Forza Italia come lui.

Nei prossimi giorni, però, è attesa un’altra doccia fredda. Il Consiglio dei Ministri, secondo quanto riferito dal Giornale di Sicilia, avrebbe puntato la lente d’ingrandimento anche sull’esercizio provvisorio – già scaduto fra l’altro il 28 febbraio – che l’Ars ha esitato al rientro dalle vacanze di Natale e che ha garantito alla Regione la spesa in dodicesimi (cioè sulla base dell’ultimo bilancio approvato) per i primi due mesi dell’anno. La conferma di un’impugnativa da parte di Roma non avrà effetti immediati: le norme, infatti, rimarranno valide fino all’eventuale pronunciamento della Corte Costituzionale (se Musumeci e Armao dovessero scegliere di resistere), per cui anche le spese fin qui sostenute sono salve. Mentre non è ancora chiaro quanto inciderebbe il ricorso sul Bilancio di previsione e sulla Legge di Stabilità che in questi giorni l’Ars sta cercando di mandare in porto.

Non è un’operazione facile, giacché parte da presupposti nuovi. Il rendiconto è stato deliberato ieri sera, manca però la parifica. Eppure, secondo Armao (forte della relazione del ragioniere capo), non c’è nulla di anomalo nell’approvare un Bilancio senza prima certificare lo stato dei conti: “Non si evince, né pare si possa ricavare in via interpretativa, alcun divieto ad approvare il bilancio di previsione (2021-23), anche in assenza di rendiconti precedenti – spiega la relazione di Tozzo, prendendo in esame gli ultimi riferimenti normativi – Né la mancanza del rendiconto 2020, né quella del rendiconto 2019 si reputano ostative del processo di approvazione”. E così si va avanti, come spiega il Movimento 5 Stelle, lavorando “alla cieca”. La Finanziaria, infatti, già fra qualche settimana, e sulla base del giudizio di parifica della Corte dei Conti, potrebbe essere soggetta a una rivoluzione.

Secondo gli ultimi rumors – ne ha parlato il segretario della Cgil, Alfio Mannino – dalla magistratura potrebbe emergere un nuovo, corposo disavanzo: di gran lunga superiore ai 100 milioni fatti accantonare (in via precauzionale) da Armao. Forse quattro volte tanto. Capite bene che se queste voci dovessero trovare fondamento, l’architettura della Legge di Stabilità ne uscirebbe (s)travolta. E le coperture approntate fino a quel punto non varrebbero più di tanto. Inoltre, il ricalcolo della quota di disavanzo, in base al decreto legislativo 118, andrebbe ripartita nel prossimo triennio. Il caos contabile. Ma tant’è. La commissione Bilancio per il momento continua a lavorare. Per ottenere la parifica della Corte dei Conti, in modo tale da accertare lo stato di salute (reale) dei conti della Regione, ha deliberato ieri il rendiconto che era stato ritirato qualche settimana fa, in autotutela, a causa di alcuni errori segnalati in via preventiva dai magistrati. A partire dai 319 milioni di “residui attivi” non cancellati, frutto di alcuni errori formali, ma anche sostanziali, su cui il governatore aveva chiesto di far luce.

Si tratta di alcune (potenziali) somme in entrata – per buona parte attribuibili al dipartimento della Formazione professionale – che il Bilancio della Regione però non ha mai “assorbito” e, nonostante i singoli riaccertamenti annuali, sono rimaste lì ferme a causa della negligenza di qualche funzionario. Costituiscono delle irregolarità da sanare (lo stesso Musumeci ha parlato di errori “non giustificabili alla luce delle conseguenze che hanno prodotto”). E anche se dovessero avere “un impatto neutro sul risultato d’amministrazione”, come sottolinea Armao, hanno aggrovigliato l’iter di questa sessione finanziaria. Portandoci fino al punto in cui siamo: in mezzo a un tunnel da cui non filtra luce.

La nota di palazzo d’Orleans: approvato il rendiconto 2019

Via libera dal governo Musumeci al rendiconto 2019, rettificato dopo le osservazioni della Corte dei Conti. Il documento contabile, ritirato a gennaio dopo i rilievi dei magistrati contabili, «è stato approvato nei tempi previsti dopo avere effettuato le necessarie verifiche. Adesso sarà immediatamente trasmesso alla Corte per il giudizio di parifica», afferma l’assessore all’Economia, Gaetano Armao. L’attività di verifica e controllo condotta dagli uffici regionali ha portato alla cancellazione di consistenti residui attivi di risorse vincolate, derivanti da trasferimenti extraregionali, e di alcuni residui passivi. Il risultato di esercizio è stato così aggiornato, confermando comunque un rientro del disavanzo di quasi 426 milioni di euro, di 4 milioni superiore all’obiettivo prefissato in origine di circa 422 milioni.

La replica delle Corte dei Conti: fatto senza precedenti

Durante l’inaugurazione dell’anno giudiziario contabile, la presidente facente funzioni della sezione di Controllo della Corte dei Conti, Anna Luisa Carra, ha annotato come l’approvazione del Bilancio senza un rendiconto parificato sia un fatto senza precedenti. “Le norme prevedono che il rendiconto sia approvato per portare i saldi e i disavanzi – avvisa Carra, riferendosi alla manovra attualmente in discussione – ovviamente il legislatore può approvare quel che vuole approvare. Certo è che in mancanza di un rendiconto il disavanzo è presunto e quindi il bilancio di previsione del 2021 si fonda su dati che non hanno certezza. Il ritiro è stato tardivo”.