Un ultimo invitato
al gioco della crisi

C’è un carnevale dei giornalisti. Coinvolge firme anche prestigiose e si celebra puntualmente nel bel mezzo di ogni crisi. Si chiama “toto ministri” ed è una sorta di tana libera tutti durante la quale ogni quotidiano tira fuori, come candidato a questo o a quel ministero, il nome che più gli aggrada. Bufale gratuite, va da sé. Che spesso servono a spingere un amico o a consegnare la patente di nobiltà politica a un boiardo in cerca di poltrona. Anche se la crisi è ormai risolta, il divertimento non è finito. Tra oggi e domani si celebra il Carnevale minore, quello dedicato ai vice ministri e ai sottosegretari. E nel gioco delle candidature è entrato pure, ohibò, Roberto Lagalla, assessore regionale alla Formazione. Per quali meriti? La domanda corre da..

Basta un dettaglio
per renderci felici

Vittorio Sgarbi, preoccupato di mostrare sempre il lato inverso della vita, dice che non voterà la fiducia al governo Draghi: “Ho provato una grande disillusione”, spiega. Ma a noi che non interessano le dispute su Brunetta e la Carfagna, sul manuale Cercelli e il peso delle correnti; a noi che non interessa il congiuntivo di Di Maio perché la classe politica è quella eletta dal popolo sovrano, a noi basta sapere che i miliardi del Recovery Fund saranno amministrati da persone competenti e che la Giustizia passa da un manettaro che confondeva la colpa con il dolo a una figura di estremo equilibrio e di inarrivabile cultura giuridica. Altra statura, altra eleganza. E’ stato come passare dallo streaming della forca per ladri di cavalli, come annota Mattia Feltri sull’Huffington, alla..

In Sicilia solo fuffa
Draghi, salvaci tu

L’anno scorso ci ha regalato una Finanziaria di cartone che ha imbalsamato la Sicilia per tutto il 2020. Quest’anno il bullo di Palazzo d’Orleans ci riprova e siccome si ritiene uno statista di grande intuizione e grande fantasia sta per presentare all’Ars un bilancio a cifre variabili, chiamiamolo così. Non c’è un dato certo: senza la parifica della Corte dei Conti ogni numero può significare tutto e niente. Non si sa quanti soldi sono in cassa, quanti debiti restano ancora in piedi, quanti sono i residui attivi e quelli passivi. Non si sa nulla. L’unica certezza è che la Regione è in mano a un’accozzaglia di giocolieri, capaci di trasformare in fuffa tutte le cose che toccano: dal bilancio al click day. Gentuzza. Come la Azzolina, come la Catalfo, come..

Gli ottantenni, il vaccino
e il cinismo della sanità

Confesso di avere superato la quinta elementare e dichiaro sotto giuramento di usare giornalmente tutti gli strumenti di lavoro che il web mi mette a disposizione. Sono ancora lontano, ma non troppo, dagli ottant’anni. Però l’altro ieri – nel tentativo di fissare un appuntamento e pagare un bollettino – ho scaricato l’app delle Poste e mi sono perso in un labirinto. Quale sorte toccherà agli ottantenni che attendono di vaccinarsi contro il Covid? Riusciranno a prenotarsi – come spera l’assessore regionale Razza – nella piattaforma delle Poste, già disponibile da lunedì? E che ne sarà di quelli che vivono da soli o di quelli che non hanno mai aperto un computer? Quando il fisco deve inviare le cartelle delle tasse sa dove trovare gli ottantenni. Ma quando si tratta di..

Addio ai Rasputin
degli ultimi giorni

Come farà la politica italiana senza Rocco Casalino che suggerisce le cose da dire a Giuseppe Conte, senza Marco Travaglio che suggerisce al manettaro Bonafede le cose da fare, senza Goffredo Bettini che indica a Zingaretti la via migliore per galleggiare? Come faremo senza i monaci di corte nascosti nei sottoscala del Palazzo, senza i Rasputin annidati nel cuore del potere? Che ne sarà di questi teorici della politica inesistente, di questi filosofi del sottosuolo? Un’idea potrebbe essere quella di sistemarli in una delle primule inventate dal commissario Arcuri – mago Otelma di tutte le emergenze – per invitare l’Italia a vaccinarsi. Metteteli lì col cashback e con l’app Immuni; con Ciampolillo, Mastella e tutti i costruttori che in queste ultime settimane hanno vissuto un trascurabile momento di celebrità. Chiudeteli..

Manettari inconsolabili
dopo la caduta di Fofò

Manettari, forcaioli, tagliagola: guardateli sono tutti lì, stretti attorno ai lillipuziani della politica e a Fofò Bonafede, il ministro della Giustizia che sognava di trasformare l’Italia in un immenso e penitenziale Ucciardone. Non riescono ad elaborare il lutto e macinano rancore contro Renzi che li ha fregati, contro Mattarella che li ha umiliati e, naturalmente, contro Draghi, l’uomo di “altissimo profilo” che è stato chiamato dal Quirinale per formare un governo in grado di affrontare le drammatiche emergenze che ci affliggono. Non si rassegnano e credono che basta ancora uno slogan mandato a memoria – onestà-tà-tà o giù di lì – per salvare l’Italia dal fallimento. Non capiscono che il vento è cambiato e si ostinano a mostrare il cappio con il quale vorrebbero impiccare quelli che li hanno finalmente..

L’editoria e il coraggio
che Musumeci non ha

Ricordatevelo voi che siete stati fascisti, voi che avete votato movimento sociale, voi che credete ancora nella giaculatoria di “Diventerà bellissima”: Nello Musmeci, il vostro condottiero intrepido e roccioso, non ha un filo di coraggio. Ieri il giornale della sua città, “La Sicilia”, ha sollevato in prima pagina con un articolo di fondo lo scandalo della legge per l’editoria, approvata nel maggio scorso e rimasta maledettamente al palo perché i bulli della politica vogliono utilizzare i dieci milioni già stanziati per foraggiare, sotto le elezioni, i leccaculismo di giornali, siti web e tv private. Era legittimo aspettarsi che oggi il colonnello Nello, da governatore della Regione, desse comunque una risposta o una spiegazione; che mostrasse pubblicamente un disappunto o chiedesse addirittura scusa. Invece niente. Il coraggio chi non ce l’ha..

Un gioco sporco
sui giornali in crisi

Onore a “La Sicilia” di Catania i cui editori hanno scritto un violento atto d’accusa contro i vertici della Regione che a marzo dell’anno scorso, per imbiancare il sepolcro della loro ipocrisia, hanno approvato una legge di sostegno; ma subito dopo hanno fatto di tutto per evitare che i dieci milioni stanziati da quella legge arrivassero nelle casse dei giornali in crisi. Il governatore Musumeci prenda un appunto. Il quotidiano di Mario Ciancio solleva dubbi pesantissimi, non ultimo quello che i ritardi nel distribuire i fondi siano in realtà finalizzati a una scellerata manovra clientelare: più ci si avvicina alla scadenza elettorale e più diventa facile, per i bulli della politica, utilizzare quei dieci milioni come una mancia, buona per foraggiare il leccaculismo di giornali e giornalisti, di siti web..

Il bullo e l’asinello
Disastro alla Regione

Se la Regione avesse avuto la dignità di una scuola, il bullo che piritolleggia da due anni e mezzo lungo i corridoi di Palazzo d’Orleans sarebbe finito sin da primi giorni dietro la lavagna col cappello a punta e le orecchie lunghe dell’asino: ha sbagliato i bilanci, ha imbrogliato cifre e capitoli di spesa, ha imbalsamato i conti e ha procurato danni enormi a tutti quei siciliani che, flagellati dalla crisi, aspettavano legittimamente un aiuto. Ma Nello Musumeci, anziché prenderlo a pedate e buttarlo fuori dalla giunta, lo ha sempre difeso e coccolato. Fino all’altro ieri. Quando la Corte dei Conti, chiamata a verificare il rendiconto del 2019, ha trovato voragini difficili da colmare. Messo di fronte all’ennesimo disastro, il governatore ha preso finalmente atto di avere accanto non un..

Ma Renzi ha dato già
una batosta ai forcaioli

Le anime belle hanno avuto forse troppa fretta nell’annunciare la sconfitta e la perdizione politica di Matteo Renzi. Giuseppe Conte, che ora il suo dirimpettaio e il suo principale bersaglio, ieri ha dovuto rassegnare ufficialmente le dimissioni. La baldanza con la quale credeva di rimpiazzare i senatori di Italia Viva gli si è sbriciolata tra le mani: non ha trovato i voltagabbana pronti a soccorrerlo e si è finalmente arreso. Con un effetto collaterale non indifferente: per evitare un’altra conta in Senato il premier ha dovuto nascondere in fretta e furia sotto il tappeto la faccia impresentabile di Alfonso Bonafede, il ministro manettaro che Renzi non ha mai sopportato. Una batosta per i professionisti della forca che fino all’altro ieri hanno spadroneggiato dentro Palazzo Chigi e nelle stanze cinquecentesche di..

Gerenza

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